Partiamo da un presupposto doveroso: qualora doveste partire con la visione di una pellicola nella quale Riz Ahmed ricopre il ruolo di protagonista, a prescindere da ciò che accadrà nel mentre avrete modo di ammirare un’interpretazione degna di essere ricordata. Anche Encounter gode di questo privilegio, ponendo come presupposto l’idea di essere un film carico di elementi di fantascienza, per poi trasformarsi lentamente in un allettante dramma psicologico, trainato da un fulcro emotivo impossibile da sottovalutare. L’opera è diretta da Michael Pearce, il cui aiuto è stato fondamentale a Joe Barton nella stesura della sceneggiatura.
Encounter intreccia una storia misteriosa piena di intensità, posta in gioco alta e interpretazioni incredibilmente profonde, portando a schermo mille sfumature e prospettive mutevoli. Un ex marine, Malik Khan (Ahmed) è alla ricerca della prova definitiva che dimostri un’invasione aliena passata in sordina, visto come il resto del Paese sembra concentrato ad analizzare questa pioggia di meteoriti che, in realtà, ha portato una creatura parassita sulla Terra. L’infimo predatore si aizza contro gli umani attraverso le punture di insetti, immergendosi tra le profondità della pelle del malcapitato. Il nostro protagonista è preoccupato da come questi alieni possano presumibilmente assumere il controllo del corpo ospitante, lasciandolo in balia del caos senza possibilità di ritorno a una situazione quantomeno ragionevole. Spinto da un’ansia palpabile, decide di insinuarsi di notte nella casa della sua ex moglie Piya (Janina Gavankar) per portare i suoi due figli Jay (Lucian-River Chauhan) e Bobby (Aditya Geddada) al sicuro, essendo certo di come la donna sia stata infettata. Prospettive interessanti quelle di Encounter, le cui sfaccettature andremo ad analizzare nel corso di questa recensione.
Il fascino delle sfumature
Il punto di forza maggiore riscontrabile in Encounter risiede nelle sue prospettive mutevoli. Con Malik, il pubblico viene posto di fronte a un personaggio caratterizzato nel profondo come un padre protettivo che vuole salvare i suoi figli dall’invasione parassitaria che sta silenziosamente conquistando il mondo. In una certa misura, la pellicola affronta le complessità della psiche e il modo in cui il sistema, a livello generale, non riesce a fornire assistenza a coloro che ne hanno bisogno. Mentre la storia ruota, il film mantiene il focus sulla missione di sopravvivenza nel bel mezzo di un attacco esterno e impareggiabile. Ma è grazie al punto di vista mutevole che si riesce ad approfondire la premessa, in una misura impossibile da ottenere qualora si fosse deciso di mantenere il plot sempre sulla stessa lunghezza d’onda. Si potrebbe quasi paragonare l’andamento dell’opera a una luce LED capace di cambiare intensità grazie a un dimmer: ogni sfaccettatura possiede la sua quantità di pathos. Sta solo a noi scegliere se ritenerla eccessiva o limitata.
Col prosieguo di Encounter, la prospettiva di Malik si allarga sempre più allo scopo di mostrare realmente ciò che sta accadendo, un cambio evincibile dal modo in cui suo figlio Jay (il cui nome stona decisamente con le radici del personaggio, appartenenti all’Asia meridionale) varia la visione che ha del padre. Egli passa infatti dall’aver sempre considerato l’uomo un fedele soldato al servizio dei marine, ergo severo e poco avvezzo alle emozioni, a tingere il suo immaginario di un rosa vivissimo, carico di affetto ed eroismo. Tutto ciò si affina in seguito, plasmando il modo in cui posa gli occhi sul mondo dopo aver appreso la fantomatica verità. La sua ritrovata comprensione lo costringe a crescere troppo presto e a porre Malik sotto una luce diversa, influenzata dall’esperienza straziante di Jay. Le interpretazioni di Ahmed e Chauhan sono eccezionali a modo loro. Il primo non è nuovo a queste prestazioni encomiabili, ma Encounter lo pone alle prese con un ruolo diverso dal solito ma che affronta con fervore. I suoi occhi e il linguaggio del corpo riescono a suscitare paura, confusione e nervosismo quando serve, spostandosi verso la calma generata da una risoluzione colpita da un’iniziale disperazione in altri frangenti. Il fatto che Chauhan riesca a non passare in secondo piano rispetto alle mille abilità e sfumature di Ahmed ci dice già tanto sulle capacità del giovane attore.
Luce dimmerabile
Il più grande trucco che Pearce e il suo co-sceneggiatore Joe Barton tirano fuori dal cilindro con Encounter risiede nella scelta di un cambiamento di prospettiva molto scaltro fin dall’inizio del film, girato da Benjamin Kracun con una particolarissima attenzione a luci e ombre. A prima vista, questo spostamento di focus – che si verifica quando Malik chiama dalla strada il suo premuroso agente per la libertà vigilata Hattie (Octavia Spencer) – potrebbe sembrare ingannevolmente un colpo di scena a buon mercato progettato per scioccare il pubblico con la rivelazione della vera natura e delle intenzioni del protagonista. Invece, il suddetto cambio di marcia avviene così presto nella storia dall’esser percepito più come parte intelligente della premessa dell’opera, che come una sorpresa non guadagnata dal minutaggio speso effettivamente con gli occhi sul monitor da parte dello spettatore. La nostra introduzione a Hattie – apprendendo la natura criminale di Malik, condannato di recente – è il primo caso in cui ci prendiamo una pausa dal vedere il mondo dal punto di vista del protagonista, considerando anche altre strade non ancora esplorate. E una volta persa, la nostra fiducia in lui termina inevitabilmente con lo sgretolarsi, lasciandoci in un mare di sospetti avvincenti, quasi persino perfidamente divertenti.
Detto questo, lo slancio del film inizia a calare un po’ dopo alcune rivelazioni. Mentre la storia tenta di restare fedele al viaggio di Malik e dei suoi figli, il coinvolgimento degli agenti federali (guidati da Rory Cochrane) intacca la trama carica di emozioni. Una buona parte di Encounter è dedicata ai tentativi degli inseguitori di recuperare il fuggitivo e minaccia di far deragliare la prospettiva di un viaggio intimo posto inizialmente come motivo dell’esistenza del film stesso. Pearce riesce almeno a mantenere un po’ di quell’intimità e di quel senso di isolamento dalla società ponendo la maggior parte dell’azione su strade deserte, paesaggi aridi, piatti e case abbandonate in mezzo al nulla. Tutto questo lavora per intensificare l’inquietudine di Encounter, che non dimentica mai di mostrarci a schermo come il suo protagonista si relaziona ai tragici eventi che lo stanno colpendo.
Le nostre conclusioni su Encounter
Il risultato è un thriller psicologico con elementi fantascientifici profondamente coinvolto con i suoi personaggi principali. Il modo in cui le dinamiche familiari si intrecciano alla fiducia reciproca provata nei confronti di ciascuno, la quale si evolve costantemente per tutta la durata di Encounter, fa sempre i conti con la realtà di ciò che sta accadendo al di fuori dal trespolo. E mentre il dramma viene buttato giù dalle vele dopo aver introdotto altri interpreti, la pellicola si carica di scene emotive e ricche di sfumature tra Malik e i suoi figli, i quali diventano il cuore pulsante di quest’opera spesso inquietante, irregolare, ma stranamente affascinante.
Certo, il vigore con cui lo straziante finale del film mira ai dotti lacrimali sembra un po’ aggressivo, persino spudorato. Ma Encounter riesce in qualche modo a farla franca, diventando una tipologia di film ormai rara, capace di credere nella guarigione e nelle seconde possibilità, anche se posti di fronti a una cocente delusione. Si tratta di particolari a prima vista semplici ma profondamente influenzati dalla filosofia, la quale viene incanalata da un cinema di prim’ordine. Noi vi ringraziamo per l’attenzione, rimandandovi a Kaleidoverse e al nostro canale Telegram per rimanere sempre aggiornati su film, serie TV, videogiochi e molto altro ancora.
Immerso in un mare senza fine di emozioni, eroismo, paura, romanticismo follemente irregolare, il nuovo arrivo su Amazon Video Encounter si dimostra meritevole del tempo speso per guardarlo. Sorprende maggiormente quella capacità intrinseca nella pellicola di generare stupore in alcuni frangenti, lasciando però storcere il naso in altri. Quasi come se l'intero set fosse posseduto da questa luce dimmerabile, capace di decidere l'andamento delle scene in base all'intensità con la quale le si comanda di risplendere. La prestazione di Riz Ahmed è impareggiabile, lasciando allo spettatore solo la voglia di vederlo risplendere nella prossima opera, magari anche stavolta in un ruolo completamente diverso dai suoi standard. La dinamica familiare che coinvolge il protagonista e i suoi figli è calda e percettibile, a prescindere da come la realtà cerchi in tutti i modi di porlo sotto una cattiva prospettiva. Un contrasto ben riuscito, prendendo spunto dalle disavventure che coinvolgono Malik e i suoi compagni di un viaggio, alla sola ricerca della salvezza.