Le serie TV italiane stanno lentamente cambiando. Mentre sulle reti in chiaro continuano a spopolare fiction e produzioni estere la nostra bandiera fa sentire la propria voce sulle piattaforme di streaming. Il popolo del web e del binge watching rappresenta una miniera d’oro per quelle voci che, se prima potevano passare inascoltate, adesso hanno un’opportunità. E forse è proprio questo spiraglio che ha portato alla produzione di Briganti, la nuova serie TV di Netflix che sarà disponibile a partire dal 23 aprile – oggetto di questa recensione – che Kaleidoverse ha potuto guardare in anteprima.
Diretta da Antonio Le Fosse (Baby), Steve Saint Leger (Vikings: Valhalla), Nicola Sorcinelli (Moby Dick) e scritta dallo stesso Antonio Le Fosse con Giacomo Mazzariol (Don’t Kill Me), Marco Raspanti (Play), Re Salvador (Baby) ed Eleonora Trucchi (Don’t Kill Me), Briganti è una serie TV in 6 episodi che vede nel suo cast Michela De Rossi (The Many Saints of Newark), Ivana Lotito (Letters to Juliet), Matilda Lutz (Revenge), Marlon Joubert (È stata la mano di Dio), Orlando Cinque (Romanzo Criminale – La serie), Pietro Micci (Like Sheep Among Wolves), Nando Paone (Il ladro di cardellini), Josafat Vagni (Mondocane) e Federico Ielapi (Quo vado?). Vediamo adesso insieme la trama.
Briganti: la trama
Due anni dopo l’Unità d’Italia la situazione non è florida nel meridione: la gente si adatta mentre l’esercito piemontese si inoltra per l’aspro e selvaggio territorio dell’ex Regno delle Due Sicilie. La storia inizia in un piccolo centro della Basilicata, dove seguiamo Filomena (Michela De Rossi) scappare nei boschi, dove incontra e si unisce a una famiglia di Briganti, i Monaco. Con loro la ragazza inizia una vita di appostamenti mentre cerca sé stessa, ma le cose si complicano quando il gruppo si ritrova invischiato nella ricerca del leggendario oro del Sud.
E sulle tracce del fantomatico bottino c’è già Sparviero (Marlon Joubert), un cacciatore di briganti dalla morale molto flessibile. Tra episodi di guerriglia urbana, guerra contro lo Stato e contro altri gruppi di briganti, Briganti porta con sé lo spettatore per boschi e piazze di paese svuotate dall’animosità dei suoi abitanti, mentre dall’ombra si fanno avanti i membri di un gruppo leggendario di briganti, guidati da una donna che urla “Libertà!” al suo passaggio.
Il vero oro è il Sud
La regia di Briganti si avvale dell’uso di campi lunghi e riprese dall’alto che evidenziano e omaggiano i paesaggi bucolici e selvaggi del meridione italiano. La storia è ambientata infatti a cavallo tra la Basilicata e la Calabria e, anche se i luoghi scelti per le riprese si trovano tutti in Puglia l’atmosfera si trasmette alla perfezione. La fotografia, inoltre, evidenzia perfettamente la discrasia tra i verdi boschi montani della regione e la nuda terra riscaldata dal sole cocente che caratterizza oggi come allora i piccoli centri. Dal punto di vista della sceneggiatura la storia segue un mix di commedia, dramma storico e western che stanno molto bene insieme e creano una sinergia unica e originale.
Anche le musiche – tranne per qualche malaccorta eccezione – sono molto evocative e contribuiscono a trasportare lo spettatore nell’Italia ottocentesca. Anche il cast ha svolto un ottimo lavoro nel mettere in piedi la storia assegnatagli: di sicuro spicca la varietà dei dialetti e delle maschere, anche se si può sempre migliorare sia nella dizione che nell’esposizione. Per quanto riguarda la trama è evidente che la prima stagione sia una lunga introduzione che punta a qualcosa di più grande, ma forse qualche punto sarebbe potuto essere migliorato in fase di stesura.
Storia vera… o quasi
La storia raccontata in Briganti si rivela originale e intrigante perché fonde realtà storica e finzione. Al centro della storia c’è infatti una caccia al tesoro leggendaria, che affonda le sue radici in una acerba questione meridionale. Nella serie TV questo conflitto è incarnato dalla figura di Sparviero, da quella di Filomena e dai pochi barlumi di resistenza nei confronti dei piemontesi e contribuisce a rendere la storia un’epica moderna che fonde la struttura dei film western con una profonda critica sociale.
Anche la scelta di inserire all’interno della trama la figura – realmente esistita – di Michelina De Cesare (Matilda Lutz), brigantessa Casertana, si rivela vincente. Sicuramente tutto quello che lo spettatore vede contribuisce a dargli un’immagine di insieme sul fenomeno del brigantaggio, che afferma con potenza questioni attuali facendo sue linee narrative attuali e riuscendo a creare un ponte tra passato e presente senza risultare eccessivamente scontato, banale o trash.
Qualche pecca
Briganti ha il potenziale per poter essere qualcosa di molto più incisivo in un panorama italiano che ha dedicato poco spazio al fenomeno del brigantaggio e che solo di recente ha iniziato a scoperchiare la storia prima dei due conflitti mondiali. Lo ha fatto la RAI, poi Disney + e ora lo fa Netflix. C’è però in ogni caso sempre di che migliorare: tolta la colonna sonora che, come dicevamo sopra, a volte si smentisce scegliendo canzoni attuali riarrangiate – secondo chi scrive – in maniera non consona al prodotto, c’è qualche piccolo anacronismo storico e, soprattutto qualche scelta narrativa un po’ azzardata.
In primis la figura di De Cesare, sì romanzata ma forse un po’ troppo. Il personaggio risulta accattivante e misterioso, ma più che una brigantessa a comando di una banda influente appare più di una volta quasi come una figura esoterica. Inoltre in alcuni punti della narrazione è abbastanza evidente quanto alcune scene servano solo a fare minutaggio senza aggiungere nulla. Si può lavorare meglio sui punti morti per renderli più accattivanti: il livello della serie è buono, ma potrebbe essere migliore, anzi: è auspicabile una seconda stagione perché Briganti è un ottimo punto di partenza per sviluppare diversamente i period drama italiani.
Le nostre conclusioni su Briganti
Briganti è una serie fresca e originale che presenta un cast tutto all’italiana spogliandosi dei toni farseschi in favore di una storia in bilico tra leggenda e realtà che però regala autenticità nei temi trattati – in primis la libertà, la famiglia e la fiducia – e afferma in maniera chiara e potente questioni ancora molto attuali che riguardano sia il contrasto tra nord e sud Italia ma anche l’emancipazione femminile e la moralità stessa di azioni di guerriglia, affermando in maniera potente quanto lottare sia difficile ma necessario. Perché in situazioni del genere va ricordato che entrambe le parti pensano di essere nel giusto.
Vedrete Briganti? Speriamo di sì. Se entrerete a far parte anche voi di questo magico e bell’universo non mancate di dircelo lasciando un commento qui su Kaleidoverse o sulle nostre pagine social, che potete seguire per restare sempre aggiornati sugli ultimi articoli pubblicati – come la recensione di Vicini davvero, quella di Kiseiju – La zona grigia e quella di Scoop. Vi ricordiamo inoltre l’esistenza dei nostri due gruppi community su Facebook e su Telegram, dove possiamo discutere delle ultime uscite in campo cinematografico, seriale, d’animazione e videoludico. Vi aspettiamo numerosi!
Briganti è una serie TV italiana che racconta in 6 episodi il fenomeno del brigantaggio all’alba dell’Unità d’Italia. La regia omaggia il sud con campi larghi che immergono lo spettatore nel verde dei boschi e nei piccoli centri meridionali e segue fedelmente il rocambolesco cast – quasi perfettamente calato nel frammentato ex-regno delle due Sicilie – alle prese con una caccia al tesoro leggendaria che mette in luce le ingiustizie e le contraddizioni di un neo-Stato in divenire. Il prodotto funziona e rappresenta un punto importante della serialità nostrana perché si discosta in maniera importante dalle fiction nazionali in favore di un’impostazione più internazionale che conserva il giusto, ma c’è sempre spazio per miglioramenti che possono rendere Briganti e un’ipotetica seconda stagione un piccolo gioiello, a partire dalla colonna sonora dissonante e dai piccoli anacronismi scenografici.