Avete voglia di vedere un’altra apocalisse zombie? Ottimo, perché su Netflix sta spopolando la nuova serie Non Siamo Più Vivi, ambientata a Hyosan in Sud Corea e tratta dal leggendario webtoon “Now at Our School” di Joo Dong-geun, composto da 130 capitoli e pubblicato nel 2009. Si tratta delll’ennesimo prodotto orientale entrato a far parte del catalogo Netflix, dopo il successo di Squid Game e Alice in Borderlands. Noi abbiamo gustato – per modo di dire vista la quantità di sangue e budella – tutti i 12 episodi della durata di circa un’ora ciascuno, e siamo pronti quindi a elargire il nostro verdetto ufficiale in questa recensione senza spoiler.
Il tema apocalisse zombie di sicuro è stato ormai trattato in tutte le salse nel corso degli anni, introdotto al cinema dal maestro George A. Romero con La notte dei morti viventi, ma stavolta viene associato ad un argomento decisamente importante: il bullismo a scuola. Gli attori protagonisti sono per lo più ragazzi, tra cui spunta il nome di Yoo-Mi Lee (Squid Game), caratterizzati da personalità diversificate tra loro. Entriamo dunque nell’analisi dettagliata di Non Siamo Più Vivi perché c’è molto di cui parlare viste le premesse e il risultato finale.
Non Siamo Più Vivi: la trama
“Sembra una giornata come tante altre al liceo di Hyosan, questo finché una studentessa troppo curiosa viene morsa da un topolino, nascosto in una gabbia nel laboratorio di scienze. Il virus contenuto all’interno dell’animale si diffonde nel corpo della ragazza causandone progressivamente la morte e successiva trasformazione in zombie, dando così il via all’epicentro dell’apocalisse e costringendo tutti gli studenti ad una lotta per la sopravvivenza tra le aule della scuola.”
Chi è l’artefice del virus? Evitiamo volutamente spoiler sul colpevole rivelato nel corso degli episodi, saldamente legato al messaggio principale di Non Siamo Più Vivi. In questa tipologia di serie televisiva, per quanto si voglia strutturare una trama c’è poco su cui spaziare, possono cambiare le ambientazioni, come i protagonisti cercano di sopravvivere agli zombie, ma la regola resta sempre quella di non essere morsi. Questa volta non parliamo di epidemia globale, al contrario tutto viene circoscritto all’area di Hyosan concentrando l’attenzione verso la scuola e i pochi personaggi chiave presenti all’esterno di essa.
L’influenza degli anime
Associando le parole “apocalisse zombie” e “scuola” viene subito in mente, se avete letto il manga o visto l’anime, Highschool of the Dead scritto da Daisuke Satō e illustrato da Shōji Satō. Questo manga, senza finale a causa della morte nel 2007 dello scrittore, sembra proprio essere la fonte d’ispirazione principale su cui si basa Non Siamo Più Vivi; ovviamente ci sono alcune differenze, ma la nuova serie Netflix ricorda a tratti l’anime prodotto dalla Madhouse, giunto in Italia grazie al canale Youtube di Yamato Animation. Una grande somiglianza sta nell’utilizzo dei cliffhanger, pratica con cui gli episodi terminano bruscamente su colpi di scena o momenti salienti, inducendo così lo spettatore a riprodurre quello successivo in preda alla curiosità e suspense scaturita.
Così come in Highschool of the Dead, in Non Siamo Più Vivi l’elemento principale è il rapporto tra i ragazzi e le ragazze che compongono il gruppo di protagonisti sopravvissuti, tra cotte, antipatie, scelte giuste o sbagliate, e ci affezioneremo ad alcuni mentre gioiremo per la morte di altri (Game of Thrones insegna). Di sicuro non è il primo e non sarà l’ultimo prodotto cinematografico ad attingere dall’immensa cultura Anime&Manga orientale, e in quanto fan possiamo solo esserne felici. Aperta e chiusa questa parentesi culturale torniamo dunque a concentrarci sugli zombie e gli attori ingaggiati per la serie, capaci di impattare sullo spettatore più di chiunque altro, affamati e in grado di lanciarsi a tutta velocità per un pezzetto di carne fresca.
Truccatori e Stuntman sono la vera forza
Possiamo trovare tanti difetti in Non Siamo Più Vivi capaci di farci storcere il naso, situazioni in cui i personaggi si salvano solo perché in quel momento ce n’è bisogno, ma allo stesso tempo scendono quasi in secondo piano, questo grazie all’impressionante lavoro dei truccatori e stuntman a cui le trasformazioni in zombie sono affidate. Quando non riesci a distinguere se sia CGI o trucco c’è poco da fare se non spalancare la bocca: il sangue, le budella masticate, la stessa faccia degli attori, è tutto così curato e ben realizzato da far paura seriamente; per non parlare delle movenze da contorsionisti con cui gli stuntman riescono a dare credibilità alle varie trasformazioni in zombie, a dir poco eccezionali.
Gli attori protagonisti sono quasi tutti alle prime esperienze cinematografiche, di certo non ci possiamo aspettare interpretazioni da Oscar, ma comunque alcuni di loro riescono a caratterizzare il proprio personaggio egregiamente. In questo k-drama si punta sulla forza del gruppo, sull’amicizia, e viene dato un ruolo fondamentale al sacrificio del singolo per il bene collettivo. Non Siamo Più Vivi è uno di quei prodotti a tema zombie in cui chi viene contagiato non fa di tutto per sopravvivere, bensì affronta la dura realtà dei fatti cercando il miglior modo di utilizzare gli ultimi minuti rimasti, attirando magari i non-morti per far scappare i compagni. In quanti film o serie TV abbiamo assistito a morsi tenuti egoisticamente nascosti? Quanti personaggi hanno causato la morte di altri solo per paura di essere abbandonati? Bisogna essere coraggiosi ogni giorno, soprattutto quando si viene sovrastati dai problemi della vita.
Gli zombie veicolano un messaggio
Il tema del bullismo a scuola è senza dubbio importante, una situazione sottovalutata da sempre che porta nei casi peggiori al suicidio di ragazzi/e stremati dalle prepotenze e avvolti nel vortice della depressione. Quante volte ne abbiamo sentito parlare? Troppe persone hanno pagato lo scotto di un’educazione sbagliata altrui, o della semplice cattiveria e arroganza dilagante in alcuni soggetti, arrivando a compiere gesti di estrema disperazione dai quali non si torna più indietro, perdite che lasciano un vuoto eterno nei cuori di familiari e amici. Quando assistiamo a scene dove il bullo prevale sul malcapitato di turno nessuno interviene per paura di finire nelle grinfie del mostro a sua volta, perciò si resta inermi, si fa finta di niente e si tira dritto un po’ come degli zombie. Questo secondo me è l’utilizzo fatto in Non Siamo Più Vivi dei non-morti, una tenue metafora di come la massa sia incapace di reagire al cospetto del singolo diventandone per certi versi complice, e anche la frase “nessun adulto ci verrà a salvare” più volte pronunciata durante gli episodi, contribuisce ad avvalorare la tesi.
Senza scendere nei dettagli, vi basti sapere che è una situazione a me personalmente vicina, sottovalutata da tutti come sempre accade, tenuta in cassaforte nelle menti dei ragazzi/e per paura di sembrare deboli o di peggiorare maggiormente una quotidianità straziante già di suo. Non c’è debolezza nel chiedere aiuto, tanti vivono una condizione familiare pesante e ulteriori umiliazioni, specie quelle pubbliche, potrebbero tramutarsi nell’ultima goccia necessaria a far traboccare il vaso. Bisognerebbe osservare attentamente i comportamenti dei propri figli, essere sempre aperti al dialogo, così da poter intervenire qualora si riconosca un problema, altrimenti troppo difficile da risolvere se perpetuo nel tempo. Noi abbiamo apprezzato come la nuova serie Netflix cerchi di trovare un modo per spronare chi la guarda a riflettere, dipingendo un’antagonista con le caratteristiche perfette allo scopo. Arrivati a questo punto vogliamo lasciare il testimone al trailer ufficiale di Non Siamo Più Vivi, per mostrarvi alcune delle qualità apprezzate prima delle nostre conclusioni.
Le nostre conclusioni su Non Siamo Più Vivi
Tralasciando la traduzione di We Are All Dead (Siamo Tutti Morti) a cui è stato totalmente cambiato il significato, uno sbaglio questa volta secondo noi, vogliamo invece sottolineare l’importanza di prodotti cinematografici del genere, seppur non paragonabili a grandi capolavori passati, ma comunque idonei a sensibilizzare chiunque riesca nella lettura del messaggio nascosto durante il corso delle puntate. Per noi è una serie da vedere capace di emozionare e tenere con il fiato sospeso grazie al suo mix di dramma, amore e amicizia ben dosato. Sicuramente 12 episodi da un’ora ciascuno sono troppi, spesso sembra abbiano finito le battute e ci sono lunghi momenti di flashback o di stallo, in altri invece non si sa perché alcuni zombie all’inseguimento spariscono magicamente, insomma difetti che contribuiscono ad abbassare il voto generale evitabili senza troppi sforzi.
Noi siamo giunti al termine di questa recensione su Non Siamo Più Vivi e speriamo con tutto il cuore di avervi incuriosito a tal punto da aggiungerla alla vostra lista. Vi ricordiamo il solito appuntamento sul nostro sito Kaleidoverse.it dove troverete innumerevoli notizie, recensioni e rubriche pertinenti al mondo cinematografico e non solo. Unitevi anche alla nostra community grazie al canale Telegram con cui restare sempre aggiornati ad ogni nuova pubblicazione, inoltre seguiteci attraverso tutte le piattaforme social e lasciate un grande cuoricino alle video-recensioni in pillole sul canale Youtube ufficiale della redazione.
La nuova serie Netflix coreana Non Siamo Più Vivi è un prodotto particolare, questo perché sottolinea la struggente sopravvivenza a cui alcuni studenti sono sottoposti quotidianamente a causa del bullismo dilagante, e utilizza l'apocalisse zombie per veicolare un messaggio. Non è un prodotto esente da difetti, la durata complessiva andava ridotta, gli attori sono giovani e all'inizio di un percorso cinematografico, ma comunque resta una serie piacevole da guardare tra pro e contro.