A inizio febbraio, Xbox Game Studios ha lanciato la bomba con l’acquisto di Activision Blizzard. Il resto della storia la sappiamo già: un casino mediatico senza precedenti, calo drastico delle azioni Sony, parco titoli first party in continua crescita e giocatori PC sempre più eccitati all’idea di poter provare tutto e subito con il loro dispositivo master race. Come mai Microsoft l’ha potuto (e voluto) acquisire solo ora? Forse per qualche problemino interno ad Activision come un anno di controversie e di rivolte dei suoi addetti per via di una cultura del lavoro orribilmente tossica che presumibilmente ha toccato temi come tagli del personale immediati, razzismo, sessismo e misoginia, minacce di morte, fino a portare una dipendente al suicidio durante il suo viaggio di lavoro.
Per Microsoft, però, è giustamente un successone. Activision e Blizzard sono ancora editori di franchise di giochi di terze parti probabilmente più grande esistente, tra cui Call of Duty, Overwatch e il resto del vasto catalogo di giochi e IP donati a Microsoft. A questi, si aggiungono una serie di nuovi studi di talento (che si spera otterranno condizioni di lavoro migliori sotto l’ala di Microsoft e Xbox) e il forte sostegno per il mercato mobile con King e Candy Crush, rendendo il tutto un acquisto monumentale. Con “soli” 70 miliardi di dollari, Microsoft ha fatto la più grande acquisizione di sempre, non solo per quanto concerne il gaming, ma per ogni cosa.
Sony e la situazione nel mercato globale
Questa volta non vogliamo analizzare il (gargantuesco) potenziale che possa effettivamente portare la mossa di Microsoft. Il mio interesse per questa acquisizione, tuttavia, è nel modo in cui riveli chiaramente la precarietà della posizione attuale di Sony e PlayStation sul mercato, il che suona paradossalmente divertente. Attualmente sono più redditizie di quanto non siano mai state e, nonostante le continue scorte limitate e qualche problema tecnico, la loro ultima console registra il successo ottenuto all’inizio del suo ciclo di vita. Il fatto è che Sony è improvvisamente in una posizione precaria nel mercato globale. Fattori esterni a parte, si può già pensare che sia, in definitiva, una conseguenza delle mosse commerciali e delle decisioni che la suddetta compagnia nipponica ha preso consapevolmente nell’ultimo decennio, che li ha visti lentamente combattere per il mercato console di fascia alta occidentale a scapito di tutto il resto.
A ora, PlayStation si trova di fronte a due concorrenti straordinariamente forti nei due principali mercati che potrebbero cercare di spingere. In Giappone, Nintendo ha fatto attualmente tabula rasa della concorrenza: questo è il culmine di un decennio di manovre fatte da Nintendo e Sony quasi allo stesso modo; la prima ha scelto di costruire un dispositivo che si affaccia fin troppo bene al mercato giapponese (oltre ad attirare a sé il resto del mondo, come dimostrano i risultati) e che ha coltivato un mercato estremamente sano sia per i giochi che per gli editori giapponesi su cui trovare successo. La seconda, invece, ha trascorso gli ultimi anni a tagliare ponti col mercato nipponico, dal trattamento riservato alle terze parti giapponesi, ai titoli first party prodotti e commercializzati, fino al modo in cui costruiscono le loro console.
Sotto l’ala di Nintendo
Senza andare troppo nel dettaglio, Sony ha preso deliberatamente la decisione di ignorare Nintendo e il Giappone. Si suppone che la compagnia “blu” abbia dedotto che la sua community abbia dovuto supportare la casa a prescindere, nonostante la consapevolezza che quest’ultima sarebbe rimasta nell’ombra di Nintendo. Questo lo si deduce da decenni di politiche economiche attuate silenziosamente. Quindi, per riassumere, non è stata (per esempio) Nintendo Wii che, col suo successo, ha eclissato PS3 o stessa cosa di Switch con PS4 e PS5. Sony si sarebbe aspettata che, anche se Switch avesse venduto spaventosamente bene in Giappone, PlayStation avrebbe comunque prosperato grazie ai titoli di terze parti compatibili con essa, mandando avanti la baracca per pura inerzia. Questa è una decisione presa per puntare più in alto ed andare a fronteggiare il mercato occidentale (e, più precisamente, Microsoft e Xbox).
Un (quasi) successo premeditato
Peccato che, tuttavia, Sony non aveva previsto che Nintendo avrebbe realizzato una console fiorente non solo per le sue esclusive, ma anche per molte società di terze parti nipponiche. In effetti, ora la presenza di PlayStation è al momento irrilevante in Giappone – con meno del 5% della quota di mercato totale nell’intero panorama economico giapponese appartenente a Sony -, perdendo persino il supporto delle terze parti giapponesi di medio-basso livello, precedente linfa vitale della console Sony. A confermarlo sono i dati, a dir poco paradossali, riguardanti le vendite nella città del sol levante, sia di console che di giochi.
Nonostante in Giappone Sony abbia venduto quasi un milione di unità di macchine da gioco nel 2021 nonostante le limitazioni, i titoli su PlayStation 5 fanno molta fatica a raggiungere le 100.000 copie. Per esempio, andando più nello specifico, prendendo i dati stilati da Gematsu (tramite Famitsu) nella settimana che va dal 7 al 13 giugno 2021, si può notare che la quantità di console vendute (poco più di 15.000 unità) è di poco inferiore quantità di copie vendute del loro titolo con maggior successo, Final Fantasy VII Remake Integrade (20.000 copie su PS5). Ricapitolando, la società di PlayStation ha smesso volutamente di operare nell’estremo oriente e di concentrare il tutto in occidente per un punto di vista commerciale. Da una parte Nintendo pensa che una fetta di mercato non debba andare a scapito di un’altra (e viceversa), mentre Sony si è sentita semplicemente “inadeguata”, identificando nell’occidente un mercato più florido grazie ai software (tra giochi, abbonamenti e microtransazioni), con Xbox come unica rivale.
Japan FW Sales
Game Builder Garage: 71,241
Final Fantasy VII Remake Intergrade: 20,889
Ratchet & Clank: Parallel Trouble (EN: Rift Apart): 14,663
Ninja Gaiden Master Collection (PS4): 12,210
Guilty Gear Strive (PS4): 11,722https://t.co/PGPnvuYohk— 黒凧 BlackKite (@bk2128) June 17, 2021
Alla conquista dell’Occidente
Pressoché tutti pensavano che Sony si sarebbe scontrata con una Xbox che nel migliore dei casi sarebbe stata competitiva come nell’era Xbox 360, cosa che sarebbero stati più che in grado di gestire. Probabilmente non si aspettavano che si sarebbero scontrati con una Microsoft che alla fine si è impegnata nel mercato e hanno deciso di utilizzare la più grande risorsa a loro disposizione per contrattaccare: la loro immensa ricchezza. L’acquisizione da 70 miliardi di dollari effettuata da Microsoft è un segnale di avvertimento sul fatto che Microsoft non ha problemi a spendere soldi per imporsi; questa è una società che non ha problemi ad acquistare il più grande editore di terze parti al mondo per farsi strada verso il dominio e Sony sa bene che non ha né le risorse e né la capacità per competere con qualcosa del genere. E il problema nasce proprio da lì.
Teoricamente, si può sostenere che Sony possa effettivamente fare offerte valide e credibili per editori di terze parti (come Square Enix o persino EA), ma rimane comunque teoria. Il problema è che Sony nel mercato attuale, se mai vorrà provare ad acquisire un editore, potrà essere, e con molta probabilità sarà, subito superata da Microsoft. La compagnia del vecchio Gates è pienamente in grado di superare la spesa di Sony e hanno dimostrato più volte (prima con Bethesda e poi con Activision Blizzard) che non avranno scrupoli nel farlo. L’entità delle finanze con cui le due società stanno lavorando è enormemente diversa: bisogna considerare che Sony ha stanziato 18 miliardi di dollari per acquisizioni nei prossimi due anni per l’intera azienda (quindi non solo PlayStation, ma tutta Sony); Microsoft ha speso quasi quattro volte quella cifra per una singola acquisizione per la divisione Xbox.
La community mondiale di PlayStation (soprattutto i fan più accaniti) ha chiesto vendetta facendo qualche nome da poter acquisire (tra cui la più papabile Square Enix). Queste riprese, però, sono tipicamente male informate, e lo fanno senza considerare i fondi effettivi di Sony. Come detto prima, se quest’ultima offre una cifra per un’acquisizione, qualsiasi cifra, Microsoft con molta probabilità la supererà e si precipiterà ad acquisirla. E, giustamente, queste società di terze parti si venderanno alla cifra più alta proposta: le società quotate in borsa sono, dopotutto, legalmente obbligate a generare la maggior ricchezza e rendimenti per i loro azionisti. In questo senso, Sony parte già sconfitta.
Il casual gamer: l’ultima speranza?
Quindi, Sony ha dinanzi un rivale che può spendere una buona parte del patrimonio totale di Sony in un singolo acquisto, anche per appropriarsi di alcuni dei più grandi giochi che sostengono PlayStation, ed è importante sottolinearlo. Sebbene quest’ultima abbia sfornato negli anni dei titoli first party di un’importanza epocale (come gli ultimi GOTY God of War e The Last of Us Parte 2), la maggior parte delle loro entrate risiede sì nelle vendite dei giochi, ma anche nei DLC e microtransazioni che risiedono nei popolari giochi multipiattaforma nella loro console, come Call of Duty. Pensiamoci un attimo: CoD ha conquistato venduto una quantità spropositata di copie su PlayStation, sia nel mercato al dettaglio che in quello digitale. Inoltre, la maggior parte delle 100 milioni di console vendute proviene dai casual gamer, gli stessi che la prendono per giocare una volta ogni tanto a CoD, FIFA, GTA o che dir si voglia.
Ora, CoD appartiene a Xbox e sì, sappiamo già del contentino a Sony da parte di Phil Spencer per mantenere la serie permanentemente multipiattaforma (che in realtà accontenta anche Activision), e poi? Anche se nulla dovesse cambiare, Sony vuole davvero essere costretta ad agire in una posizione nel mercato dettata dalle grazie del suo concorrente? La sua decisione nel scommettere ogni risorsa nel supporto di terze parti occidentali e lottare tramite l’esclusività (a prescindere se sia esclusività a tempo, per console, per DLC o per semplici diritti di marketing) avrebbe potuto avere senso se la diretta concorrente (in questo caso, Microsoft) avesse dovuto investire le sue stesse risorse, nel migliore delle ipotesi. Qui, invece, la società nipponica si trova dinanzi una multinazionale che può investire tanto denaro quanto vale l’intera azienda concorrente.
Una situazione (quasi) irrisolvibile
Adesso la situazione per Sony si fa davvero complicata. Microsoft è decisamente troppo corazzata finanziariamente per poterla contrastare, e il Giappone sembra ormai un lontano ricordo. Sony è effettivamente più che attrezzata per combattere Nintendo e tenerle testa, ma sfortunatamente hanno ignorato il mercato giapponese e Nintendo per così tanto tempo che la situazione è diventata insostenibile. Quali possono essere i loro prossimi passi? Possono provare a generare magicamente qualche trilione di dollari, così da avere le risorse per eguagliare Microsoft; oppure potrebbero provare a differenziare le loro offerte (sia software che hardware, anche contemporaneamente) e provare a riorientarsi per vendere la loro piattaforma sulla base del fascino dei propri giochi: una direzione guidata dal first party, proprio come Nintendo.
Sony si è sicuramente guadagnata un’ottima reputazione con i loro giochi first party e dovrebbero essere in grado di vendere sistemi sulla base dei propri giochi. E sicuramente ha funzionato bene per Nintendo: ora stanno guadagnando sempre più successo e vendono più hardware e software che mai. Non solo: essa è isolata dalle turbolenze nel resto del settore e il successo ottenuto li ha persino visti ottenere un supporto di terze parti maggiore di quello che sono riusciti a ottenere in quasi tre decenni. Il problema è che Sony è molto diversa e il fulcro del loro fascino in realtà li vieta più o meno dall’avere una direzione simile a Nintendo.
Nessuno ci dà tanto peso alla cosa, ma Nintendo mantiene bassi i costi di sviluppo, si estende su una vasta gamma di generi e stili di gioco, può pubblicare abbastanza rapidamente giochi ampiamente accattivanti per un pubblico molto ampio. Nintendo vende i suoi sistemi hadware principalmente tramite i propri giochi. Niente di tutto questo vale per Sony: quest’ultima sembra essere strettamente focalizzata su due (o al massimo tre) generi, su uno specifico gruppo demografico, con costi di sviluppo incredibilmente alti e lunghi tempi di sviluppo, e vende i sistemi principalmente come la console migliore per giocare a tutto, non solo i propri giochi. La grande N ha creato una cultura in cui i loro titoli impongono prezzi premium, e poi lo mantengono per molto, troppo tempo (forse sempre); i giochi first party di Sony vendono molto, ma la maggior parte di queste vendite è assistita da raggruppamenti aggressivi, tagli di prezzo e sconti.
Così simili, così diversi
I quasi 20 milioni di God of War venduti sono estremamente impressionanti e nulla può togliere quel successo, ma Nintendo esiste e prospera come piattaforma first party non per aver venduto 25 milioni di copie di Super Mario Odyssey, ma per averli venduti a prezzo pieno. L’unica differenza tra i due è che Odyssey ha subito costi di sviluppo inferiori e tempi di sviluppo più rapidi rispetto ai moderni titoli AAA che possono richiedere 5-6 anni per la pubblicazione. Il motivo per cui Nintendo può essere una piattaforma first party, in altre parole, è perché può pubblicare letteralmente più di una decina di titoli all’anno; ogni opera è molto più economica e più veloce da realizzare rispetto a un gioco Sony, persino abbracciando un’ampia gamma di generi e tipi di gioco. Facciamo quattro nomi: Mario, Zelda, Pokémon, Animal Crossing. Tutti questi non sono simili l’un l’altro e coprono generi e parti del mercato completamente diversi, per non parlare dell’effetto provocato al suo pubblico, alimentando ulteriore hype a un pubblico già in visibilio verso quasi ogni uscita del titolo di turno della grande N (per dirne una, Leggende Pokémon Arceus ha già fatto numeri da capogiro).
Al contrario, i titoli first party di Sony, quelli che fanno vendere il loro sistema di gioco, sono tutti tagliati da un tessuto simile e, di conseguenza, si rivolgono tutti alla stessa fetta di mercato. Tirando in ballo tre esempi, God of War, Horizon e The Last of Us sono sicuramente diversi l’un l’altro, ma sono pur sempre degli action con una narrativa molto forte dedicata al medesimo pubblico (perlopiù occidentale). Non solo: questi giochi impiegano molto più tempo per svilupparsi, sono molto più costosi da realizzare e di solito non mantengono il loro prezzo costante, necessitando di sconti e tagli per vendere in volumi elevati. In altre parole, le attuali esclusive Sony non riescono a generare profitto. Questo è noto in quanto ex dirigenti Sony come Shawn Layden hanno affermato esplicitamente il motivo per cui Sony porta i giochi su PC ed il continuo supporto al cross-gen. Semplicemente, questa tattica serve per generare abbastanza profitti da sostentare i costi dei loro giochi. Anche Cory Balrog, attuale direttore creativo di God of War, ha detto la sua a riguardo, coinvolgendo anche colleghi di altre aziende first party di PlayStation. Egli, infatti, aveva comunicato di aver tartassato la casella dei suggerimenti da inviare a Sony per questo motivo, il che ricollegherebbe a ciò che è stato detto poc’anzi.
Cosa non funziona nel sistema Sony?
L’attuale strategia first party di Sony ha funzionato finora perché i giochi e le entrate di terze parti hanno “tamponato” i loro costi. In altre parole, Sony non doveva preoccuparsi di realizzare, ad esempio, un gioco sportivo perché EA lo avrebbe fatto per loro. Stessa cosa è accaduta con uno sparatutto multiplayer per via di Activision, od un fighting game grazie a Capcom e Bandai Namco. Potrebbero semplicemente concentrarsi sulla creazione di quei pochissimi stili di gioco associati a loro come mantra della loro strategia. Quei giochi di terze parti hanno anche sovvenzionato il costoso sviluppo di quei giochi single player. Facendo un piccolo esempio, se PlayStation sta guadagnando miliardi dalle microtransazioni generate da Call of Duty, allora è meno importante per The Last of Us Parte 2 generare profitto in sé e per sé; può comunque essere commissionato e utilizzato per creare un’esclusiva convincente e differenziante per il loro sistema di gioco. In questo modo, Sony non sente la pressione di dover vendere le decine di milioni di unità a prezzo pieno e non deve per forza incrociare le dita e sperare che il prossimo progetto da finanziare ne valga la pena. Quindi, ora che Microsoft ha portato con sé Activision e Bethesda, la strada diventa ancora più difficile.
Questo non accade a Nintendo: come già spiegato prima, essi guadagnano a prescindere con le loro esclusive a prezzo pieno, ma adesso ottengono persino un surplus. Ciò significa che se Fortnite o Minecraft arrivano su Switch e fanno il botto, per Nintendo è un successone. Se ciò non succede, invece, a loro è indifferente, in quanto guadagnano comunque una quantità oscena di denaro vendendo “solo” 40 milioni di copie di Mario Kart 8 Deluxe a 70€. Affinché Sony sia in grado di eguagliare la strategia first party di Nintendo, dovrebbe diversificare pesantemente e fermare una volta per tutte l’infinita corsa agli armamenti tecnologici e grafici che la vedono protagonista da una ventina d’anni a questa parte. Ma, allo stesso tempo, questo sembra un obiettivo difficile difficile da raggiungere, quando l’attrattiva principale dei loro giochi è sempre stata la grafica di fascia alta, i dettagli tecnici e la tecnologia di prim’ordine; immaginate se Sony iniziasse a pubblicare titoli graficamente più “mediocri” (tipo un gioco medio per PS4) come titoli di punta per PS5. La loro fanbase, la stessa che compra le loro esclusive, non riuscirebbe mai a sopportare questo cambiamento.
Allora qual è la risposta? Cosa dovrebbe fare Sony? Onestamente, non saprei. Penso che raddoppiare il numero di esclusive e diversificare il target siano sicuramente mosse rischiose, ma di per sé delle buone idee; in parte, ci stanno anche provando. Ultimamente, le software house esclusive stanno lavorando a molti titoli multiplayer (Naughty Dog, tra tutti) e creando più tipi di giochi grazie alle loro acquisizioni (come Housemarque). Inoltre, non dimentichiamo che dalla loro parte c’è un’azienda (Insomniac) che, al momento, potrebbe avere l’idea di creare un proprio universo Marvel, dopo Spider-Man e il prossimo Wolverine. Continuando così, potrebbero essere in grado di ritagliarsi una nicchia redditizia come piattaforma first party funzionante. Sony adesso può trovare facilmente una strategia che funziona bene con il marchio che ha coltivato per anni e che l’ha resa grande: non per forza deve essere identica a Nintendo. Ma se così non fosse? E se all’improvviso, per forza di cose, la loro strategia dovesse crollare improvvisamente come un castello di carte?
Che ne sarà di noi?
Con molta probabilità Sony riuscirà a trovare la luce in fondo al tunnel, ma ipotizziamo che quest’ultima, nella peggiore delle ipotesi, fallisca. Chi sentirà di più il peso del cambiamento? Sicuramente noi videogiocatori, per non dire letteralmente tutti. Con Sony fuori dai giochi, Nintendo e Microsoft rappresenteranno i due imperi dei loro rispettivi mercati videoludici. Da un lato ci sarà Nintendo che, proprio come sta facendo tutt’oggi, continuerà ad affermare la sua politica “conservatrice”, continuando a sviluppare una dozzina di titoloni esclusivi l’anno, con pochissime variazioni di prezzo per ogni gioco acquistato su Switch (o sulla loro consola di prossima generazione). In sintesi, continuerà per la sua strada come ha sempre fatto, senza doversi per forza preoccupare di eventuali concorrenti.
Dall’altro, invece, Microsoft prenderà sempre più piede nell’industria videoludica occidentale, acquisendo più aziende per ottenere sempre più esclusività (aziende anche ex Sony, come appena accaduto con Crash Bandicoot in mano ad Activision), instaurando un vero e proprio monopolio. Dopodiché, potrebbero benissimo attuare la stessa politica dei prezzi di Nintendo, senza dimenticare il Game Pass (che potrebbe benissimo avere un prezzo stabile o persino aumentare, ma arricchendo ulteriormente il già smisurato catalogo offerto). E non è tutto. Non dimentichiamo che il mercato PC avrà sempre più un’impronta fondamentale nel mercato futuro, ma subirà delle piccole, ma sostanziali variazioni. In sintesi, la situazione dei software potrebbe rimanere invariata, a differenza dei componenti hardware. Un PC Desktop sta silenziosamente diventando un bene di prima necessità, indipendentemente dall’uso che se ne faccia. Di conseguenza, il prezzo dei componenti (e dunque, anche dei preassemblati) aumenterà ulteriormente, rendendo l’acquisto degli stessi ancora più complicato.
Per concludere il tutto, la mossa di Microsoft ha smosso non poco gli equilibri, specialmente per Sony. Se davvero quest’ultima voglia attuare un cambiamento, in primis deve pensare a sé stessa ed ai più “piccoli” per ottenere miglioramenti. Sony deve puntare anche al mercato indie ed investire su giochi come Hotline Miami (divenuto poi cameo proprio in The Last of Us Parte 2) per migliorare la sua situazione. È vero, ultimamente non sta succedendo come dovrebbe, però continuiamo ad incrociare le dita, mentre noi di Kaleidoverse.it rimaniamo attenti ad ulteriori sviluppi (aggiornandovi sui nostri vari canali).