Oggi Diseny+ ha aggiunto, nella sezione Star, le ultime 4 puntate del biotopic Mike, che racconta la vita del ex-campione dei pesi massimi Mike Tyson. Questa seconda parte traghetta lo spettatore verso la naturale “fine” della storia, con qualche sorprendente guizzo tecnico e di sceneggiatura.
La storia di Desiree
Nella quinta puntata, la prima delle nuove aggiunte, c’è un cambio di punto di vista e narrazione da Tyson alla persona di Desireé Washington (Li Eubanks). Un gesto giustificabile, poichè, si parla di uno dei fatti più deprecabili e controversi nella vita delll’ex-campione. Lo Stupro della studentessa, diciottenne, Desireé Washington. Qualsiasi modalità di spiegazione dell’accaduto attraverso la voce e la persona di Tyson, anche nel modo più oggettivo e fedele ai fatti possibile, sarebbe parso ipocrita.
Questo episodio, e il successivo (diretti entrambi da Tiffany Johnson), riescono a centrare uno dei punti in cui la serie è più manchevole, ossia la rappresentazione della sfera intimista di chi sta esponendo la storia. In poco più di 30 minuti (uno degli episodi più lunghi) veniamo traghettati dalla voce di Desireé in alcuni scorci della sua vita prima del fatto, per poi passare al periodo da reginetta di bellezza in cui la violenza verrà consumata. L’atto in sé, almeno in un primo momento, non viene mostrato ma reso un dato di fatto di cui essere al corrente. Il racconto ci porta a percepire il senso di isolamento e forte disagio, prodotto dal circo mediatico, che Desireé prova.
Ma solo quando si terrà il processo contro Tyson verremo resi partecipi, quasi in prima persona, della violenza carnale e farla raccontare attraverso le parole e la voce della vittima è uno dei, pochi, culmini emotivi permettendo alla serie di raggiungere un picco nella narrazione. La ricostruzione è conclusa da Tyson che rompendo la quarta parete ci chiede se non lo amiamo più. A chiudere l’episodio è un breve ed esplicativo testo che snocciola come Desireé non abbia mai più cercato fama o le luci della ribalta dopo i fatti.
Mike, uccello in gabbia
L’episodio successivo torna ad essere raccontato da Tyson che accompagnerà, con la sua voce, gli spettatori fino alla conclusione della serie. Ritroviamo l’ex-campione in carcere, come conseguenza della sentenza nella quale è stato dichiarato colpevole. Questo episodio (sempre diretto da Tiffany Johnson) come il precedente trova una sfera intimista meglio centrata rispetto al resto della serie, dove si riesce a percepire veramente lo stato d’animo del protagonista e non a esserne solo informati attraverso discorsi rivolti al pubblico, riuscendo anche a esplorarne meglio la psicologia.
L’episodio è comunque indebolito dalla durata ridotta, come il resto della serie, che rende il tutto sbrigativo e troppo approssimativo per essere apprezzato, dove anche la conversione del pugile sull’Islam e la sua riabilitazione prima del rilascio vengono trattate in maniera affrettata. E dopo l’exploit del precedente episodio si torna a uno schema ricorrente, cioè quello della caduta e della risalita, tema estremamante presente e pressante per le restanti 2 puntate.
Ascesa e caduta. Ancora e ancora.
Le ultime due puntate, che chiudono questa mini-serie, si concentrano sulla vita successiva alla prigione e al ritorno sul ring dell’ex-campione dei pesi massimi. Il focus di questi episodi è sulla continua ricaduta del protagonista nei stessi ripetuti pattern che lo spettatore conosce, e che gli sono stati raccontati, fin dalla prima puntata. Inoltre si ha la sensazione di veder un Tyson statico, il cui avanzamento in avanti è solo suggerito dagli anni scritti in sovripressione e dagli incontri, e non da una vera evoluzione del protagonista.
La drammatizzazione prende il sopravvento su una vera narrazione orizzontale non tracciando un percorso netto che termina con la fine della serie. In questi episodi finali c’è la caduta definitiva, il ritiro dalla Boxe e una perdita gravosa. Ma più degli altri episodi si sente molto la natura enciclopedica e annedotica della serie, sensazione accentuata dal dover concentrare molti, forse troppi, eventi importanti in poco più di venti minuti; arrivando a un finale che, quasi, per dovere porta ad un lieto fine.
Guantoni logori
Gli ultimi 4 episodi, al contrario dei primi, non hanno il pregio della novità. Perpetuano una formula, a eccezione del quinto episodio, ormai rodata e ripetitiva, accompagnando lo spettatore quasi per inerzia verso la chiusura della serie. Non sono cambiate nemmeno le interpretazioni le quali, comprimari compresi, risultano tutte di altissimo livello. Soprattutto Trevante Rhodes che ci ripresenta un Tyson sempre credibile e perseguitato dai sui demoni interiori. Da elogiare anche il lavoro di Li Eubanks nei, difficoltosi, panni di Desireé Washington.
Il tutto è ben infiocchettato da una buona regia: migliore negli episodi diretti da Tiffany Johnson e non invasiva e conformata al resto della serie in quelli diretti da Director X (eh sì, è davvero il suo “nome”). Le puntate finali presentano anche un’ottima colonna sonora. Il brano Sinnerman di Nina Simone spicca su tutti e da il giusto slancio per arrivare alla chiusura della serie.
Le nostre conclusioni sugli ultimi 4 episodi di Mike
Come detto nella recensione dei primi 4 episodi Mike è una serie ben impacchettata. In questi ultimi episodi, a eccezione del quinto, si sente di più il peso della formula ripetitiva, la mancanza di una vera evoluzione nel protagonista e un vero approfondimento degli eventi e dei comprimari che ruotano attorno alla vita dell’ex-campione dei pesi massimi. Ma la visione è risollevata dalle ottime interpretazioni, sopratutto, quella di Trevante Rhodes che regge sulle sue spalle la quasi totalità della narrazione e dalle ottime musiche che accompagnano la visone.
Vista la durata esigua, sia del singolo minutaggio a puntata, che della serie in generale; si presta bene a un binge watching. In definitiva è un’opera capace di intrattenere ed è consigliata a chi è alla ricerca di un qualcosa facile da seguire e poco impegnativo. E voi cosa ne pensate della serie? Vi piace oppure preferite altro? Per altre recensioni come questa, notizie e tanto altro ancora vi invito a seguirci anche su Instagram, TikTok e sui nostri canali Telegram e Youtube e qui su Kaleidoverse.
Mike è, in definitiva, una serie che intrattiene, con un buon comparto registico e con più che ottime performance attoriali. La brevità delle puntate è la più grande forza e al contempo la sua più grande debolezza poiché la rende una serie dinamica e con gran ritmo ma anche sbrigativa, frettolosa e approssimativa; non riuscendo per mancanza di tempo ad approfondire punti focali della vita di Mike Tyson. Consigliata a chi cerca una serie ben impacchetta e di breve durata da vedere anche in una giornata. Per tutti gli altri e per chi cerca una serie sulla Boxe, meglio vertere su altro.