Le spy story sono forse tra quelle che più ci affascinano nel mondo del cinema d’azione e nei romanzi. Basti pensare a serie di film come Mission Impossible, A 007 o anche Jason Bourne. Cosa accomuna tutti questi lungometraggi? Sicuramente una storia accattivante, piena di colpi di scena e d’azione, capace di farci restare incollati alla sedia con gli occhi sgranati. Ma ciò che c’è di più iconico in tutte queste serie è sempre un giovane, aitante e prestante protagonista. Tutti scritti per essere degli ammaliatori di pubblico e di donne, capaci di tutto, sempre perfetti e impeccabili.
Se per una volta, invece il protagonista non fosse un giovane prestante, capace di qualunque cosa e imbattibile? In questa recensione vi parleremo di The Old Man, la serie FX arrivata da noi tramite Disney+. Tratta dai romanzi di Thomas Perry, l’opera ci racconta la storia di un ex agente operativo della CIA ormai non più nel fiore degli anni. Dan Chase (Jeff Bridges), infatti si ritrova invischiato, suo malgrado, in una serie di eventi che lo porteranno a rivangare il passato, a fare i conti con persone e avvenimenti che pensava ormai di aver sepolto.
Cosa ci racconta The Old Man?
La serie (e prima ancora i romanzi), sfruttando la storia di Dan Chase, ci parla di una delle tante guerre portate avanti dagli Stati Uniti. Ebbene sì, il conflitto raccontato tramite i flashback del protagonista c’è stato davvero. Stiamo parlando della guerra sovietico-afghana, avvenuta tra il 1979 e il 1989. La battaglia principale si svolse tra la Repubblica Democratica dell’Afghanistan e un insieme di guerriglieri noti come mujaheddin. È proprio qua che si inserisce la nostra storia. Dan Chase, infatti, viene mandato in un villaggio controllato da un certo Farz Hamzad, uno dei capi guerriglieri.
Le vicende si intrecciano tra presente e passato. Appena conosciamo l’ex agente vediamo subito che ormai non è più nel fiore degli anni, la moglie è morta e… qualcosa non va. Si sente seguito e a ragione. Qualcuno lo vuole morto, ci provano, ma con scarsi risultati. Inizia così la sua fuga, nella quale lo inseguiamo anche tramite gli occhi di Harold Harper (John Lithgow), suo vecchio amico e Vicedirettore per il controspionaggio all’FBI e Angela Adams, agente nella stessa agenzia. Si scopre che a cercarlo è proprio Faraz Hamzad. Cosa potrà mai volere dopo trent’anni dalla fine della guerra? Inizialmente Dan Chase stesso, ma nessuno sa quale sia il suo vero obiettivo, finché non si arriva all’ultimo episodio.
Tra passato e presente
La formula scelta per raccontare la storia è molto apprezzabile. Quando qualcuno nel presente fa una domanda, o dice qualcosa di particolare, allora partono i flashback, i quali ci chiariscono le varie vicende. Spesso l’episodio parte direttamente con uno di questi ricordi, in modo da introdurci ciò che stiamo per vedere e sentire. L’intreccio tra i due archi temporali non è mai fastidioso, gli eventi si intersecano alla perfezione, riuscendo a destare in noi una certa curiosità per il passato del fascinoso Chase. Anzi, se i flashback non ci fossero stati sarebbe diventato tutto un insieme di chiacchiere e qualche scazzottata per la fuga.
A proposito di scazzottate, ciò che abbiamo molto apprezzato è stato l’equilibrio tra azione e racconto. Mai banali e scontate, le scene in cui vediamo l’ex agente della CIA azzuffarsi con i nemici sono molto sorprendenti perché, nonostante si tratti di una spy story, lo scrittore della serie ha saggiamente scelto un uomo anziano. La sua età rende tutto più vero e credibile, merito anche dell’ottima performance di Jeff Bridges, capace di tirare fuori il carattere della spia. Ci è anche sembrato che l’azione nel passato sia stata ridotta ai minimi termini, a favore del presente. Probabilmente perché l’agente si trovava in Afghanistan sotto copertura, ma anche per evidenziare le differenze tra il vecchio e il giovane.
La denuncia di The Old Man
Tralasciando l’azione e la storia stessa, Thomas Perry prima e gli sceneggiatori della serie poi, hanno voluto porre l’accento su una delle note peggiori degli Stati Uniti: l’interventismo accanito in conflitti che non li riguardano. Basti pensare alla Corea, al Vietnam, i vari tentativi di invasione (la famosissima Baia dei Porci, la Repubblica Dominicana, o Panama). Adesso il pensiero va anche all’attuale situazione dell’Ucraina che, vede di nuovo contrapporsi russi e americani all’interno di uno Stato sovrano.
Nei flashback di The Old Man ci viene spiegato che i sovietici hanno invaso l’Afghanistan per delle enormi risorse minerarie. Ovviamente non sono questi motivi della vera guerra portata in quel Paese, ma ci viene di nuovo da pensare: molto spesso questi conflitti nascono per mera avidità. Lungi da noi voler parlare di geopolitica, ma è così evidente questo retro messaggio che non lo si può ignorare. Tuttavia, qualunque sia, non esiste un motivo valido per far nascere una guerra. Finché saremo guidati dall’avidità, la sofferenza non potrà cessare d’esistere.
Una spy story ben riuscita
Politica a parte, ci mancava una serie d’azione così ben fatta. Tecnicamente non c’è nulla che le si può dire: fotografia e regia sono ineccepibili, pur senza mostrare particolari balzi in direzione di una qualità maggiore. Il punto forte dell’intera narrazione sono i personaggi: ben scritti, ma soprattutto ben interpretati. Man mano che si procede nel racconto, ci vengono svelate le storie e i retroscena di ognuno dei protagonisti. Ognuno, a modo suo, riesce a coinvolgerci emotivamente, sfruttando perfettamente la nostra empatia.
Inoltre, come detto poco sopra, la scelta di Bridges è azzeccatissima. La sua bravura riesce a regalarci un’ottima performance, sentiamo davvero tutti gli anni di Dan Chase. Merito anche di un’azione a misura di realtà, che non ci porta verso movimenti o lotte per niente realistiche. Non solo lui. John Lithgow come Harold Harper e Alia Shawkat nei panni di Angela Adams (ma in generale tutti i comprimari) sono pienamente all’altezza dei loro ruoli, nessuno sembra fuori posto. Piccolo plauso va anche alla scelta della versione giovane di ognuno di loro: somigliano in maniera impressionante alle loro controparti. È quasi inquietante. Unico neo sono proprio le controparti del passato. Sebbene siano decisamente bravi, di fronte ai protagonisti del presente quasi svaniscono, ci si dimentica di loro.
Le nostre conclusioni su The Old Man
La serie è un mix perfetto di azione e racconto. La storia ci viene svelata lentamente tramite flashback e dettagli. Lo show si prende tutto il tempo necessario per raccontarci le varie vicende, così da farci legare meglio ai vari personaggi, i quali sono il fulcro di tutto. I rapporti che hanno l’uno con l’altro, l’azione e in generale tutta la serie sono costruiti in maniera ineccepibile. Merito anche delle performance di tutti i personaggi che prendono parte a The Old Man.
Quindi, se siete alla ricerca di una storia di spionaggio capace di regalarvi azione, intrecci e tante emozioni e che si discosti un po’ dal classico, The Old Man è la serie giusta per voi. Visto il finale molto aperto, confidiamo in una seconda stagione che sia almeno sullo stesso livello di questa. Per il momento vi salutiamo, ricordandovi di continuare a seguirci su Kaleidoverse.it. Inoltre, per non perdervi altre recensioni, ma anche notizie e guide, seguiteci su tutti i social e iscrivetevi al canale Telegram per sapere quando escono i nostri articoli.
The Old Man è il perfetto mix tra intreccio narrativo e azione. I suoi personaggi, grazie anche alle grandi capacita di Jeff Bridges e tutti i comprimari, riescono a farci comprendere pienamente tutto ciò che vogliono dirci. Tramite l'espediente dei flashback, la storia ci viene raccontata lentamente, prendendosi tutto il tempo necessario per farci sentire a nostro agio. Nulla è fuori posto in The Old Man. L'azione misurata, l'età del protagonista e la storia stessa ci invogliano nella visione. Insomma, una serie da non perdere se si apprezzano le spy story ben costruite e che mettono i personaggi al centro della narrazione, anziché le scene d'azione.