Siamo ormai giunti alla conclusione di ottobre: mentre Netflix mette via scheletri di plastica, zucche e raccolte da brivido guarda avanti, alla programmazione di novembre. E uno dei primi titoli che svettano dal solito elenco mensile pubblicato sui social è Tutta la luce che non vediamo, serie TV di 4 episodi ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale. Tratta dal romanzo omonimo di Anthony Doerr (A proposito di Grace), Kaleidoverse ha avuto il privilegio di poterla guardare in anteprima, e ve ne parlerà in questa recensione priva di spoiler.
La serie è autoconclusiva. Diretta da Shawn Levy (Free Guy – Eroe per gioco) e scritta da Steven Knight (Peaky Blinders), Tutta la luce che non vediamo racconta una storia tragica, potente e che lascia dietro di sé una luminosa scia di speranza. Nel cast figurano Aria Mia Loberti e Nell Sutton, entrambe al loro esordio attoriale nei panni della protagonista. Altri nomi più famosi sono quelli di Mark Ruffalo (30 anni in un secondo), Hugh Laurie (Dr. House – Medical Division), Louis Hofmann (Dark), Lars Eidinger (Babylon Berlin) e Marion Bailey (Tutto o niente).
La trama di Tutta la luce che non vediamo
Tutta la luce che non vediamo si sviluppa tra la Francia di Marie-Laure (Aria Mia Loberti) e la Germania di Werner (Louis Hoffman). I due giovani non si conoscono e non sanno di avere una passione in comune: ascoltare la trasmissione radiofonica del Professore, ipnotico e misterioso insegnante che dispensa sapere scientifico a chiunque è disposto ad ascoltarlo. Diversi fin dall’infanzia – Marie-Laure è cieca e ha solo suo padre Daniel (Mark Ruffalo) mentre Werner e sua sorella Jutta sono orfani – sembra che i loro destini prendano due strade completamente diverse quando scoppia la guerra.
Marie-Laure, infatti, segue suo padre lontano da Parigi in favore di Saint Malo quando i nazisti invadono Parigi. Werner, invece, viene scoperto dai nazisti in quanto piccolo genio appassionato di apparecchi radiofonici e viene arruolato contro la sua volontà per servire il Reich. Quando tutto sembra perduto, però, ecco che rispunta la stazione radio del Professore che Werner, dislocato in Francia, ritrova. Ma questa volta a parlare – leggendo passi di Ventimila leghe sotto i mari – non c’è il Professore, bensì una voce femminile, quella di Marie-Laure. Il giovane cerca la fonte dell’emittente clandestina per ordine dei superiori, ma non è l’unico a cercare la ragazza: anche l’ufficiale Von Rumpel (Lars Eidinger) è sulle sue tracce, a caccia di un diamante leggendario che è sicuro abbia lei.
Una bellezza ricostruita
Dal punto di vista tecnico, Tutta la luce che vediamo ricostruisce benissimo l’Europa di quegli anni. Gli effetti speciali usati per ricreare la devastazione dei bombardamenti, così come la maestria artigianale che ha curato costumi e scenografie eguagliano gli studi compiuti nella stesura del romanzo originale. Anche nel mostrare la Germania nazista la regia ha svolto un lavoro eccellente, raccontando al pubblico un lato del regime al quale si presta di solito poca attenzione: il trattamento degli orfani e l’addestramento dell’élite.
Per quanto riguarda il cast, invece, abbiamo delle performance d’eccellenza: Hugh Laurie interpreta lo zio di Marie-Laure, Étienne, regalandoci un personaggio carico di complessità e sensibilità. Mark Ruffalo è Daniel LeBlanc, il padre della ragazza, un uomo coraggioso e irremovibile. Lars Eidinger con il suo Von Rumpel si mantiene vicino ad Alfred Nyssen, personaggio interpretato in Babylon Berlin, mentre Marion Bailey afferma l’importanza e la tenacia femminile nella resistenza.
La luce che non vediamo (ma che sentiamo)
La luce è il leit motiv della serie, che si dirama nei 4 episodi formando una ragnatela ben radicata e particolare: non emerge mai visivamente, ma assume tutta una serie di significati metaforici. Luce è sentire una voce amica nel frastuono delle bombe raccontare storie. Luce è ricordare un passato migliore sperando che il futuro possa eguagliarlo. La luce, in effetti, appare nella serie come un barlume lontano dallo spettatore e dai personaggi, che la inseguono alla ricerca di sollievo.
Anche l’importanza del diamante leggendario che Von Rumpel cerca strenuamente riporta alla luce e alla speranza per una vita migliore, priva di malattie. Il diamante, però, ricorda anche che nessuna felicità può verificarsi senza un sacrificio, e questo riporta prepotentemente alla guerra in corso e alle azioni di Étienne e di Daniel. Anche lo zio di Marie-Laure rappresenta questa ricerca della luce: perso in sé stesso dopo aver vissuto in prima persona le atrocità della Prima Guerra Mondiale, è solo grazie alla nipote che l’uomo ritrova sé stesso e la propria libertà perduta, affacciandosi di nuovo alla vita.
Le nostre conclusioni su Tutta la luce che vediamo
Tutta la luce che vediamo racconta con incisiva delicatezza una storia che fonde la brutalità della guerra con l’amore, la speranza e il futuro. Il risultato è un gioiello visivo che colpisce per il messaggio che lancia allo spettatore, soprattutto vista l’attualità. La trama non si limita, infatti, a mostrare uno dei cliché più classici di questo genere, ovvero il soldato nemico che in realtà non lo è poi così tanto: il personaggio di Werner è importante, ma più importante è l’aver dimostrato quanto la vista si riveli inutile, se non si è disposti ad ascoltare.
Speriamo che guarderete Tutta la luce che vediamo. Se lo farete, non mancate di dircelo sulle nostre pagine social o sui nostri gruppi community (su Facebook e Telegram), dove vi risponderemo molto volentieri. Potete seguirci sui social anche per restare aggiornati sugli ultimi articoli pubblicati su Kaleidoverse, come la recensione della prima parte de I leoni di Sicilia, la guida ai costumi segreti di Marvel’s Spider-Man 2 e le recensioni settimanali di Gen V, la serie spin-off di The Boys. Vi aspettiamo numerosi!
Tutta la luce che non vediamo è una miniserie tratta da un romanzo omonimo ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale. Diretta da Shwn Levy e scritta da Steven Knight, la storia racconta le vicende che coinvolgono una giovane ragazza cieca, suo padre, suo zio e un giovane ufficiale radiofonista nazista. Le scenografie e i costumi ricostruiscono magistralmente un periodo storico tanto complesso e caratterizzato dalla devastazione, mentre la trama sviluppa temi sempiterni declinandoli in maniera originale e fresca. Tutta la luce che non vediamo è una storia di speranza, d'amore e di resistenza contro un futuro buio, e trasmette tutta la propria luce sia ai personaggi che agli spettatori, che non potranno non riflettere e non ammirare le azioni dei personaggi in ballo.