Torniamo a parlare di mostri e mutazioni grazie alla serie La creatura di Gyeonseong uscita in due parti su Netflix. Il genere è un mix di horror, thriller, romantic, action con un pizzico di noir. Alla regia troviamo Chung Dong-yoon (Hot Stove League e It’s okay to not be okay) mentre l’autrice è Kang Eun-kyung (Dr. Romantic). La serie ha un cast di tutto rispetto con volti già noti a chi segue k-drama. Troviamo infatti Park Seo-joon (di recente comparso in The Marvels e in passato in Parasite), Han So-hee (My name) e Wi Ha-joon (il poliziotto infiltrato in Squid Game).
La trama di La creatura di Gyeongseong
Il periodo storico in cui è ambientata la serie è chiaro già dalle prime immagini. Siamo nel 1945, agli sgoccioli della Seconda guerra mondiale, in un laboratorio in cui si stanno facendo esperimenti segreti sugli umani. A capo di questa operazione c’è il tenente Kato (Jo Han-chul) che, ad un certo punto, è costretto a dare l’ordine di bruciare tutto perché sono stati scoperti. Così facendo butta all’aria anni di esperimenti portando con se solo 8 fiale contenenti un misterioso essere vermiforme detto najin. Come ogni scienziato che si rispetti non può certo accettare che la sperimentazione sia finita lì e di fatto prosegue in una base sotterranea nell’ospedale di Ongseong.
Cos’hanno in comune Yoon Chae-ok (Han So-hee) e Jang Tae-sang (Park Seo-joon)? Nulla, la prima arriva a Gyeongseong (vecchio nome dell’odierna Seoul) insieme al padre in cerca della madre. Il secondo è il proprietario del più grande e importante banco dei pegni della città, un ragazzo arrogante e avido ma allo stesso tempo affascinante e carismatico. Le loro strade si incrociano perché quest’ultimo deve salvare Lady Maeda (Claudia Kim) moglie di un importante capo militare. L’incontro di questi due protagonisti intrecciato con la storia degli esperimenti e conseguente creazione della creatura, chiamata Seishin, daranno vita ad una trama ricca e coinvolgente con varie sfaccettature.
Un altro tipo di mostro
All’interno della serie troviamo un altro genere di mostro che non ha nulla a che vedere con quello visto in Sweet Home 2 o Yaratilan. Qui abbiamo di fronte una creatura il cui unico scopo è cacciare per cibarsi e non conosce altro motivo di vita, fino ad un certo punto. Non vi sveliamo nulla ma verso la metà della stagione avrete una piacevole – si spera per tutti – sorpresa che metterà in comunicazione Seishin con qualcun altro. Parlando del mostro poteva essere fatto meglio ma è comunque spettacolare e grottesco. Del tutto nuovo il metodo con cui si difende con queste liane simili a quelle di Bulbasaur della serie Pokémon. Ha anche una peculiare difesa mentre dorme, le spore di antrace.
L’antrace è anche l’elemento che rende possibile la trasformazione in Seishin rendendo possibile la realizzazione e il completamento dell’esperimento. Lo scopo di quest’ultimo non è del tutto chiaro ma si discosta sicuramente da, ad esempio, quello di Ihsan in Yaratilan. Insomma, vediamo venire al mondo qualcosa di nuovo che ha dei vaghi richiami a Lovecraft o al mondo del Sottosopra di Strangers things. Per la creazione di Seishin ci sono elementi di uso non comune nella creazione di mostri nelle varie serie presenti sul catalogo di Netflix e questo è un bene. I najin richiamano la famosa serie di film di Tremors con questi 3 artigli posti sulla bocca.
Perché c’è sempre qualcuno che vuole essere Dio?
Uno dei fattori che troviamo spesso in serie come questa è la presenza di una o più persone che cercano di diventare Dio. In questa serie abbiamo Kato, in Yaratilan Ihsan e Ziya ma perché c’è sempre qualcuno che insegue questo obiettivo? Non c’è una risposta giusta a questa domanda, sicuramente inseguire quell’obiettivo e magari raggiungerlo farebbe sentire importanti chi lo raggiunge. Una costante presenza in chi insegue quel sogno è la non curanza di come arrivarci. Bisogna fare esperimenti sugli umani? Va bene basta che divento Dio e riesco a plasmare la realtà come voglio io.
Per fortuna abbiamo sempre qualcuno che si contrappone a questi ideali e mette i bastoni tra le ruote. In La creatura di Gyeongseong, però, il punto di contatto tra la linea narrativa di Kato e quella del duo Chae-ok/Jang avviene per poco tempo e in maniera sporadica. Un’attenzione maggiore a questi incontri sarebbe stata ben gradita ma sono comunque serviti alla trama. Interessante come Lady Maeda vivrà la scoperta dei najin e non solo. Questo personaggio prenderà piede solo verso la fine della serie seppur compaia già dalle prime puntate. Un’ultima comparsa per ampliare una trama già ricca e piena di personaggi.
Le ambientazioni degne di un kolossal
Abbiamo parlato di periodo storico, ma cosa può mantenere alto il pensiero per cui ci si trova proprio in quegli anni? Le ambientazioni hanno un ruolo importante in questo frangente e sono fatte ad hoc per rendere il tutto più realistico. Aiutano lo spettatore ad immergersi nel periodo storico grazie ai richiami di cui il set è cosparso, unito ad un comparto di costumi ancora più fedele e preciso. Non ci si può lamentare perché il lavoro fatto è egregio portando su un altro livello anche la narrazione che viene sostenuta dalla sceneggiatura e dai costumi.
C’è una netta differenza tra le ambientazioni in superficie e quelle sotterranee e questo aiuta a separare ancora di più le trame che si svolgono nei due ambienti, pur essendo complementari. Nei sotterranei rimane comunque una componente di luce che serve per far vedere la creatura. Non viene nascosta per mostrarla poi in un secondo momento come spesso accade per creare suspense. Apprezzabile l’impegno e la cura nel proporre i palazzi nello stile sia occidentale che orientale e nel contrapporre il tutto alle ambientazioni più lugubri e buie dei sotterranei dell’ospedale.
Le nostre conclusioni su La creatura di Gyeongseong
Le aspettative erano abbastanza alte e non sono state deluse. La trama, già perfetta di suo, viene sorretta da una sceneggiatura, fotografia e ambientazione a dir poco sublimi. I personaggi principali hanno una forte caratterizzazione, ma ciò che più sorprende è che anche i personaggi secondari ce l’hanno. Questo fattore rende la trama corposa dove ogni personaggio, primario o secondario che sia, ha un ruolo che serve a farla andare avanti e raramente ciò succede. L’intera serie nasconde, come sempre, uno spunto di riflessione e questa volta non è velato ma anzi è chiaro fin dall’inizio. Le atrocità che si vedono non sono tanto diverse da quelle che hanno realmente compiuto i giapponesi nei confronti dei coreani e non solo. Sicuramente si arriverà a fine stagione ponendosi delle domande e arrivando a delle risposte, giuste o sbagliate che siano.
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La creatura di Gyeongseong è una serie che sicuramente attira l'attenzione dello spettatore in cerca di qualcosa da guardare mentre sfoglia l'infinito catalogo di Netflix. Non solo attira la sua attenzione ma lo lascia anche soddisfatto quando arriva a fine stagione per via della sua realizzazione. Di certo ci sono elementi che potrebbero non piacere a tutti quelli che la guarderanno (la violenza presente in alcuni frangenti o l'inizio un po' burrascoso per non dire altro e fare spoiler) ma si rimane comunque tranquillamente seduti sul divano a guardarla puntata dopo puntata. Il tema trattato può sembrare banale e già sentito ma la salsa con cui viene proposto è leggermente diversa. Non si può rimanere delusi dalla visione ma, ammettiamo, nemmeno gridare al capolavoro. La serie fa il suo, intrattiene e anche con un livello abbastanza alto ma rimangono delle pecche a cui non si può chiudere un occhio. Complessivamente è una serie che riguarderemmo volentieri e che non ci ha stancati nella visione dandoci anche spunti riflessivi. La visione è consigliata a persone con lo stomaco forte in quanto alcune sequenze sono davvero un po' pesanti da sopportare.