A killer paradox è una serie sviluppata da Netflix basata su un webtoon di Kkomabi. Non so se vi siete mai posti la domanda del titolo, ma evidentemente Kkomabi sì. Con il suo webtoon ha cercato di dare la versione di una persona con manie di protagonismo e la sindrome di voler essere Dio. Ovviamente non stiamo parlando del creatore di tale opera ma di uno dei protagonisti della nostra serie di cui parleremo tra poco. Alcuni dei personaggi sono interpretati da attori che non sono dei novizi sulla piattaforma Netflix. Choo Woo-Shik ha partecipato al film Okja (che vi consigliamo di vedere) oltre ad essere un componente della famiglia Kim in Parasite. Son Seok-koo è uno dei protagonisti di Sense8. A questi due protagonisti si aggiungono altri che renderanno il tutto più interessante.
L’incipit è davvero accattivante e anche la mini trama ti invoglia a vederla. Cos’avrà di speciale e perché si parla di paradosso del killer? Penserete che magari un killer può provare tale esperienza dopo aver commesso un omicidio e quindi collegarlo al senso di colpa. A quel punto sarebbe stato senso di colpa e non un paradosso. Perché proprio quella parola e perché crearci un webtoon e addirittura una serie? Per scoprirlo non dovete far altro che andare avanti nella lettura di questa recensione. Avrete la risposta a questa e altre domande che magari ci siete fatti guardandola o che vi farete se la recupererete. Che aspetti a continuare a leggere? Forza, le risposte vi attendono!
Quanti killer abbiamo nella serie?
La trama è semplice all’inizio, per poi andare a complicarsi con il susseguirsi delle puntate. Il giovanissimo Lee Tang (Choo Woo-Shik), dopo il congedo militare, sogna una nuova vita nel freddo Canada. Lavora in un minimarket come commesso e una sera viene importunato da un uomo di mezza età ubriaco. Quest’uomo è accompagnato da uno più giovane che si scusa con Lee per il suo comportamento. Finito il turno di lavoro serale si incammina verso casa ma ad un certo punto si imbatte in un uomo accasciato a terra. Lo riconosce, è l’uomo che poco prima l’ha infastidito sul posto di lavoro. Preoccupato per l’arrivo della pioggia corre in cerca del suo accompagnatore trovandolo in una via poco più avanti. Avvicinatosi per dirgli che il suo amico è per terra a dormire viene aggredito da quest’ultimo. Ciò che non sa Tang è che l’amico è a terra perché è morto.
Facciamo un passo indietro e andiamo a casa di Lee. Nel suo appartamento dove vive da solo voleva appendere un quadro ma non aveva il martello per piantare il chiodo. Decise così di prenderlo in prestito dal luogo dove lavora. Quel martello fu l’inizio della sua vita come serial killer su commissione. Sì perché grazie a quello potrà difendersi colpendo alla tempia il suo aggressore e poter così fuggire. Il detective Jang Nun-gum (Son Seok-koo) è sulle tracce dell’assassino o degli assassini. Si scopre che l’uomo che ha aggredito Lee è in realtà un serial killer ricercato da anni per i suoi efferati omicidi commessi in passato. Tang non può credere ai suoi occhi e si sente quasi sollevato nell’aver ucciso un serial killer e non una persona normale. Jang andrà in fondo alla questione scoprendo che i due omicidi sono stati commessi da persone diverse.
Sveliamo il paradosso del killer
Con l’omicidio commesso da Tang potrebbe sorgere la domanda che ci siamo posti nel titolo di questa recensione. La risposta che probabilmente Kkomabi dà è che si diventa un eroe ma solo se si rimane anonimi. All’interno della serie abbiamo qualcuno però che pensa debba esistere una specie di Batman versione coreana e senza i milioni di dollari in tasca. Entra in gioco Roh Bin (Kim Yo-han), modificato legalmente all’anagrafe ci tiene a precisare, che per anni ha supportato uomini capaci di compiere omicidi di vittime da lui designate. L’intera serie prende una piega totalmente diversa con l’arrivo di Roh portando la trama a diventarne un’altra. Cambia il punto di vista da cui d’ora in poi dovremo vedere la seconda metà della stagione. Questo cambio crea un boost di curiosità su come volgerà il tutto e come verranno portati avanti il personaggio di Tang e il ruolo di Jang.
Lee ha il delicato ruolo di farci ragionare su come sarebbe visto il ruolo di vendicatore in un ipotetico mondo in cui sia ammesso ciò. Perchè alla fine, anche se dietro Tang c’è la mente di Roh Bin, chi compie realmente l’omicidio è lui. La linea che separa il giusto dallo sbagliato è talmente sottile che basta un piccolo gesto mal interpretato per passare dalla parte della ragione a quella del torto. Non stiamo affermando che sia giusto uccidere i serial killer, stiamo sempre parlando in un’ottica di un mondo utopico. Ciò che però va analizzato è proprio questo, come ci comporteremmo noi se ci venisse proposto questo ruolo di esecutore.
Verità sotto gli occhi di tutti
Da non sottovalutare anche un aspetto di una sottotrama che viene fuori poco durante le 7 puntate ma approfondito in maniera davvero esaustiva nell’ultimo episodio. Stiamo parlando della corruzione che circola tra le scrivanie della polizia, argomento trattato con durezza e punito severamente. Il personaggio a cui spetta il duro compito di portare tale fardello è un ex poliziotto Song Chon (Lee Hee-joon) al quale non va proprio giù questo paradosso. Non vogliamo svelarvi troppo di questo personaggio perché vorrebbe dire farvi un po’ troppi spoiler. Sappiate soltanto che è il terrore di un personaggio citato prima e che sperava di essersene liberato ma così non è stato.
L’argomento trattato in questa sottotrama è troppo delicato per poterne parlare lanciando frecciatine in ogni puntata. Ci si limita a presentare il problema in piccole dosi e solo in pochi episodi. Si sfocia nell’ultima puntata con la presentazione e la soluzione attuata da Song. Capiamo che la situazione non debba essere affrontata in tale modo ma se si presenta all’interno di una serie andrebbe per lo meno approfondita un minimo. Forse il timore di venire attaccati per aver mostrato la polizia come corrotta in parte può aver messo un freno a ciò. La scelta migliore sarebbe stata o parlarne di più o non affrontare tale spinosa tematica.
Le nostre conclusioni su A killer paradox
La serie ha un tema davvero affascinante dal punto di vista utopico. Il voler ripulire il mondo dai criminali non è un argomento vergine ma è già stato trattato. Ricordiamo ad esempio Daredevil oppure il già citato Batman o ancora I Sette di The boys. In A killer paradox però viene introdotta anche la chiave etica di un normale cittadino che si trova a fare il giustiziere. Complessivamente la trama è efficiente, i personaggi sono molto ben caratterizzati e svolgono a pieno la loro funzione. Non c’è una particolare prevalenza di ruolo ma anzi ognuno rispetta il proprio senza mettere in ombra gli altri. Questo equilibrio nella gestione delle varie personalità fa sì che la trama rimanga solida, senza buchi e riesce a valorizzare ogni personaggio. Siamo davvero soddisfatti di come è stata gestita l’intera trama sviluppata intorno a ogni personaggio.
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La serie è davvero notevole sotto ogni aspetto, dalla caratterizzazione alla trama. Ogni personaggio ha un ruolo ben preciso che viene svolto senza eclissare quello degli altri. La presenza di alcune sotto trame arricchiscono la già ben solida trama principale senza appesantirla. Queste sotto trame non sono fini a sé stesse ma anzi aiutano a dare un senso ancora più profondo a quella principale. Non vengono lasciati buchi di trama e ciò è un bene data la complessità della stessa. Ogni personaggio ha apportato un miglioramento nella visione totale del tema con la sfaccettatura ad esso collegata. Lo sviluppo dell'idea di Roh Bin è da tenere in considerazione per eventuali pensieri postumi alla visione dell'opera. In un mondo utopico sarebbe davvero interessante l'esistenza di persone che hanno questo ideale. I personaggi di Tang e Jang possono essere paragonati allo ying e lo yang ma alla fine la loro visione di giustizia convergerà verso il grigio (come in Star Wars). Siamo davvero soddisfatti di tutto, guardarla è stato un piacere e nonostante il tema non si sente la pesantezza che avrebbe potuto caratterizzarla nel complesso. Se siete alla ricerca di un prodotto da guardare in tranquillità ma con una buona dose di adrenalina e colpi di scena, questa serie fa per voi!