Il cinema sta vivendo un po’ nel passato. Il Marvel Cinematic Universe è sulla punta dell’industria mescolando e riproducendo storie passate, la DC tenta la sua rivalsa tramite l’ironia già riconosciuta di Gunn e il noir del nuovo The Batman. Maestri del passato e non fanno da alternativa ai colossi supereroistici e tornano mettendo in piedi storie che hanno luogo in epoche lontane: The Last Duel di Scott, Nightmare Alley di Del Toro, Licorice Pizza di Anderson e l’annunciato Killers of the Flower Moon di Scorsese. Guardate il calendario delle prossime uscite, resterete sorpresi, forse neanche più di tanto. Arriviamo al dunque: Windfall, nuovo originale Netflix diretto da Charles Mcdowell, fa della contemporaneità, e in particolare della sua peculiare diseguaglianza dilagante, il suo luogo di nascita, ma trasferisce in un’epoca cinematografica trascorsa il suo sviluppo.
L’opera che vede protagonisti Jesse Plemons, Lilly Collins e Jason Segel narra di un ladro che in un soleggiato giorno di una stagione indefinita entra nella stupenda casa di campagna di un miliardario, di cui si potrà solo intuire il settore d’appartenenza, e comincia a svaligiare il bottino con una certa calma. Errore stupido e fatale: il proprietario rientra in casa con sua moglie e scopre l’intruso. Da qui, tutto in discesa. Nessun nome, solamente persone classificabili in base al proprio essere da squadrare in una situazione ad alta tensione. Ma davvero si sta assistendo ad una rapina con ostaggi?
Introduzione a Windfall
Sentire la terminologia “rapina” unita a “ostaggi” già trasporta fuori dalla pellicola, la avvolge di un mistero e di un nervosismo che in Windfall risultano tangibili ma non centrali. Gli intenti sono chiari: Nessuno farà male a nessuno, anzi, la storia deve essere l’esplorazione e l’unione di questi unici tre personaggi, tra l’assurdo e il verosimile. Ed è proprio per quest’ultimo tratto che questa recensione può potenzialmente prendere due vie diverse: cavalcare l’onda della pellicola, analizzandone la realizzazione delle intenzioni e quindi l’investigazione dei personaggi unita ad un ambiente rappresentato in maniera sublime; scomporne i rapporti personali mettendo in luce larghe crepe di sceneggiatura lontane dall’esser giustificate con lo specifico filmico.
Partiamo da un punto sicuro, oggettivo: fotografia e musica, curate rispettivamente da Isiah Donté Lee e Danny Bensi in coppia con Saunder Jurrians creano un connubio perfetto con la l’ambiente selvaggio, ma controllato, che si vuole rappresentare, e sono il punto di forza dell’intera pellicola. Essendo interamente svolta all’interno dello stabile la varietà delle inquadrature deve necessariamente sopperire alla staticità del contesto, ma qui si fa un salto in avanti e si crea un ibrido tra amatoriale e professionale davvero convincente. In un certo senso, soprattutto nelle primissima sequenza, ricorda i corti dei registi rinchiusi in quarantena risalenti a quasi due anni fa. Perdonate il momento Covid, andiamo avanti.
Il tentativo d’ibrido
Windfall pone come suo nucleo narrativo un tradimento in continuo crescendo che si svela pian piano sotto la forma più classica: a sguardi e parole, designando e criticando un quadro della società attuale sullo sfondo. Ma in un certo senso, Windfall tradisce se stesso. L’ibrido commedia-dramma viene realizzato zoppicando. Troppe volte ci si ritrova di fronte a scene in cui la tanto cara sospensione dell’incredulità vacilla, e nonostante a oggi questo concetto sia ormai quasi obsoleto, poiché una volta entrati in un universo cinematografico ne si accettano anche le regole più assurde, questo film pecca nel costruire una fluida e giustificata successione degli eventi. Non credo nei risultati di ciò che vedo.
Sorvoliamo sull’ottima performance di Jesse Plemons e compagnia, ormai quasi scontata visto il calibro degli attori, i tre personaggi oltre a qualche piccolo dialogo diretto perlopiù allo spettatore, non si uniscono, sono costantemente distaccati e in odio profondo tra loro. Questa dinamica di base, in un contesto così pericoloso e imprevedibile, dovrebbe far esplodere ciò che essi provano, ma per gran parte del tempo non accade. O meglio, c’è il tentativo di dare gradualità al climax, ma è abbastanza debole.
Tra il dramma e la commedia c’è di mezzo un vuoto che dovrebbe prendere il nome di “Windfall”. Ma si è già inteso come l’opera non sia riuscito a colmarlo in maniera efficace. Si cerca di dare indizi pronti per essere smontati nella parte finale, una quest che richiede di cercare delle tracce sbiadite in mezzo ad una ambientazione notevole; il giocatore di fronte a dinamiche del genere ha sempre tirato un sontuoso sospiro, seguito da uno sbuffo di noia: è consapevole del fatto gli aspettano ore di ricerca per tornare all’azione. Il film di Charles Mcdowell sortisce lo stesso effetto: una parte iniziale di gioia e interesse, seguita da uno svolgimento dal ritmo alquanto disomogeneo, e lo scoppio nel finale, il vero ritorno all’azione.
Ognuno si dimentica del proprio istinto di sopravvivenza e fanno da capofila rimpianti e demoni collegabili più ad una sfera di “vita sociale” che di “vita umana”. In prodotti del genere è bellissimo assistere alla dinamica di “conoscenza tra vittime e carnefice” ed è altrettanto piacevole notare come progressivamente i due ruoli si sfumino e si uniscano in un’unica definizione, ovvero quella dell’essere umano istintuale. Qui si cerca di inquadrare la stessa situazione, e in particolare le stesse reazioni, in un modo più vicino al contesto culturale che a quello descritto in precedenza, nel quale viaggiano i personaggi dell’opera e viaggiamo noi quotidianamente come cittadini di questo mondo. Il tentativo con i suoi presupposti di fondo è lodevole ed interessante, la riuscita meno.
Le nostre conclusioni su Windfall
Questa recensione giunge al termine. Windfall è una pellicola che si apre e chiude con palesi riferimenti a thriller di un’altra epoca: la musica, la lunga inquadratura iniziale, perfino i titoli di coda con i classici puntini tra un nome e il ruolo rappresentano un sentito tributo alle trame di quei tempi, cercando di dargli una veste grafica diversa, contemporanea. L’effettivo risultato è già stato descritto, lasciamo il giudizio a voi: Windfall è disponibile da 18 marzo su Netflix. Per altre recensioni, news, guide e approfondimenti su manga, anime, cinema e serie tv continuate a seguire Kaleidoverse e ogni nostro canale social: Youtube per le videorecensioni del venerdi, Instagram , Facebook e Telegram
Windfall è un tributo al cinema thriller passato riadattato con una fotografia e regia contemporanea davvero convincente. Siamo di fronte però ad una storia che cede di fronte alla caratterizzazione dei personaggi e soprattutto all'intreccio che li vede coinvolti in una convivenza forzata ma debole di credibilità. Performance ottime, location resa magnificamente, realizzazione dell'ibrido comico-drammatico zoppicante, voto...