Perché riguardiamo film già visti? Le risposte a questa domanda sono molteplici e oltremodo semplici: perché ci piace, per farlo vedere a un amico, per cogliere dettagli che non abbiamo mai visto, per nostalgia… la pellicola di cui stiamo per parlarvi è una di quelle che, a mio avviso, è necessario vedere almeno due volte per apprezzarla appieno: Shutter Island. La prima volta semplicemente per guardare il lungometraggio, la seconda per riuscire a capirlo. Il film del 2010 è in realtà l’adattamento di un omonimo libro e vede come protagonista il famosissimo attore Leonardo DiCaprio; un lavoro a dir poco psicologico, ma anche di genere thriller, che ci trascina all’interno di un grande mistero e, man mano che questo viene dissipato, lo spettatore invece di comprendere cosa stia accadendo risulta sempre più confuso, fino all’esplosivo e sconvolgente finale. La rubrica Inside a Mind oggi vuole quindi portarvi sull’isola della paura ma, per poter approfondire i concetti di cui il film tratta, vi informiamo che saranno presenti molti spoiler.
L’isola dei segreti
Shutter Island è ambientato negli anni ’50. L’agente federale Edward assieme al collega Chuck vengono mandati a indagare all’interno di un manicomio che potremmo facilmente paragonare alla prigione di Alcatraz: è costruito su un’isola. La disposizione del luogo ci fa subito capire che scappare dall’ospedale è a dir poco impossibile, ma pare che una paziente ci sia riuscita: Rachel Solando. La donna, imprigionata qui per l’omicidio dei tre figli, è affetta ovviamente da problemi psichiatrici, tanto da non aver mai compreso la sua prigionia; è infatti convinta di essere ancora a casa e che il personale dell’ospedale sia in realtà costituito da lattai, postini e giardinieri. Cosa sia successo alla donna e come ha fatto a scappare saranno i principali misteri di Shutter Island, ma non gli unici.
Man mano che andremo avanti Edward si ritroverà a scoprire vari pezzi di un puzzle indecifrabile. Un misterioso paziente, definito “numero 67” sembra coinvolto con Rachel; l’ospedale, apparentemente “normale”, nei limiti in cui può esserlo una struttura del genere, potrebbe nascondere qualcosa di molto più grosso al suo interno, sfruttando i pazienti per fini sperimentali. Edward e Chuck, ormai anche loro bloccati sull’isola, potrebbero essere in pericolo e, se così fosse, sarebbero coinvolti in un gioco troppo grande per loro. Scoprire la verità sembrerebbe essere l’unica possibilità di salvezza.
Edward vs. Andrew
Il finale del film è incredibilmente ambiguo: ci fornisce una grande spiegazione a tutto ciò che abbiamo visto, ma al contempo è del tutto aperto e lascia lo spettatore con una grande domanda che potremmo definire psicologica. Proseguiamo, però, con ordine. Edward scoprirà e comprenderà di non essere veramente un agente federale, ma un paziente dell’ospedale in cui stava indagando, proprio il numero 67 che stava suscitando tanti interrogativi. Egli è colui che, in una sorta di sovrapposizione con la paziente immaginaria Rachel, aveva ucciso sua moglie, colpevole di aver affogato i loro tre bambini. In uno stato di crisi e confusione infatti, dopo aver tirato fuori dal laghetto vicino casa i corpi ormai deceduti dei figli, Edward – alias Andrew – aveva colpito la moglie con un colpo di pistola, per poi essere internato.
È dopo aver scoperto questo dettaglio che bisognerebbe prendere Shutter Island, rimetterlo dall’inizio e guardarlo di nuovo. Proprio come è successo in un film da noi precedentemente commentato, L’Uomo Senza Sonno, la rimozione è il succo di ciò che è accaduto al personaggio, così traumatizzato da ciò che aveva fatto – e da ciò che aveva visto – da non riuscire ad accettare la realtà e da decidere, inconsciamente, di non ricordarla. La psicologia insegna che anche un ricordo rimosso ti influenza, per questo motivo esso andrebbe, con i propri tempi e con i giusti mezzi, affrontato ed è infatti qui che sta un’altra delle bellezze della pellicola: la reazione del protagonista.
Una giustizia ingiusta?
Dopo un’iniziale shock, il protagonista è d’accordo con ciò che il suo cervello aveva fatto: preferisce dimenticare. Proprio per questo motivo prenderà la decisione di subire una lobotomizzazione per dimenticare nuovamente l’accaduto, anziché riviverlo e imparare ad accettarlo. Potremmo commentare il comportamento dei medici naturalmente, i quali, proprio come temeva Edward in veste di poliziotto stavano effettivamente facendo degli esperimenti su di lui, ma il finale non vuole farci ragionare su questo, quanto sulla domanda che si pone – e ci pone – il protagonista “Cosa sarebbe peggio? Vivere da mostro o morire da persona perbene?”.
La moralità in questo contesto rende difficile dare una risposta, ma senza dubbio può aprire un grande dibattito. Andrew, in fin dei conti, non è cattivo; lo capiamo durante il corso della pellicola quando egli vuole scoprire cosa si cela dietro l’isola, ma anche quando scopriamo la verità su di lui non riusciamo a pensare che la sua azione, indiscutibilmente sbagliata, non sia stata fatta per cattiveria quanto per lo shock e la confusione che egli aveva in mente in quel momento. Anzi, egli stesso non riesce a concepire ciò che ha fatto. Tornando quindi alla domanda, quale sarebbe la risposta giusta? Oppure, nel caso specifico del film, quale sarebbe la vera giustizia? Andrew dovrebbe pagare per ciò che ha fatto? Doveva pagare proprio con la lobotomia? Dovrebbe essere rinchiuso in un ospedale psichiatrico? O in prigione? O andrebbe perdonato? In Shutter Island impariamo a conoscerlo come una persona buona, con un grande trauma alle spalle, quindi fidatevi: rispondere non è affatto semplice.
Troppe domande per zero risposte
La psicologia dietro Shutter Island è tanto centrale quanto marginale. Per molto tempo crediamo che sia il mistero dell’isola quello da risolvere e solo verso il finale capiamo che tutto avviene dentro la testa di Andrew. Una pellicola molto particolare che fa riflettere su tante cose; in primis riusciamo solo a vedere un manicomio, empatizziamo con alcuni pazienti, dubitiamo dei medici non proprio eccellenti e vogliamo sapere cosa sia successo a Rachel; poi la nostra attenzione dimentica quasi tutto per focalizzarsi su Leonardo DiCaprio. Ciò che vuol trasmettere il film è sicuramente un concetto ambiguo, riassunto perfettamente dalla domanda finale del protagonista; conosciamo la sua opinione, quale sarebbe la vostra? Sperando di avervi spinti a riguardare Shutter Island, siete come sempre invitati a non perdere alcuna novità del mondo cinematografico seguendoci sul nostro sito ufficiale e unendovi al nostro canale Telegram.