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Home»Film/Serie TV»L’uomo di Toronto Recensione: un action-comedy vecchio stampo
Film/Serie TV

L’uomo di Toronto Recensione: un action-comedy vecchio stampo

Giulia GaliziaBy Giulia Galizia24 Giugno 2022Nessun commento6 Mins Read
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L'uomo di Toronto
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Avete mai pensato di vedere Haymitch Abernathy di Hunger Games e Franklin “Topo” Finbar di Jumanji: Benvenuti nella giungla nello stesso film? Qualunque sia la vostra risposta, Netflix ha deciso di produrre L’uomo di Toronto, un film action-comedy proprio con questa accoppiata formata dai due attori. Il film segue i molteplici cliché dell’action movie intersecato dalla commedia. La pellicola non si prende troppo sul serio e fa divertire con quel sottotono di scurrilità e violenza tipico degli action americani. Non è di certo il nuovo capolavoro del cinema (o dello streaming, in questo caso), ma è un’opera piacevole da guardare.

Kevin Hart e Woody Harrelson hanno un’intesa davvero ilare. Potrebbero sembrare attori e personaggi che poco hanno a che vedere l’uno con l’altro, ma le interazioni che hanno sono convincenti e, soprattutto, davvero divertenti. Il film scorre un po’ lentamente all’inizio, ma nel momento in cui i due cominciano ad avere scene di coppia il resto della pellicola passa in un batter d’occhio. Noi di Kaleidoverse.it abbiamo visto il titolo in anteprima e ora condividiamo con voi cosa ne pensiamo de L’uomo di Toronto, in uscita il 24 giugno su Netflix.

L'uomo di Toronto 2

Un’ode ai film action anni 2000

Chi può scordarsi degli action anni 2000 con Jackie Chan e Owen Wilson. Film come Pallottole Cinesi o Due cavalieri a Londra sono ancora scolpiti nella memoria della generazione dei Millennials come fossero usciti ieri. Questo nuovo titolo, L’uomo di Toronto, si avvicina moltissimo alle dinamiche di quelle pellicole. Kevin Hart funge da protagonista/spalla comica/personaggio che viene trasportato dagli eventi, mentre Woody Harrelson è il classico killer/combattente senza scrupolo che si affeziona al protagonista buffo e goffo. Insomma, un duo molto dinamico, parzialmente stereotipato e non troppo innovativo ma una cosa è certa: funziona. Complici l’ironia pungente del personaggio di Randy, ovvero Harrelson, e la goffa ingenuità di Teddy, ovvero Hart, i personaggi sono la parte migliore di questo lungometraggio.

Sì, perché se gli action-comedy anni 2000 erano scusati per avere una CGI non perfetta, in quanto creati con la computer grafica di ormai 20 anni fa, questo prodotto Netflix non può avvalersi delle stesse scuse. Alcune scene di esplosioni sono palesemente finte tanto da disturbare un minimo l’occhio dello spettatore. C’è da dire, comunque, che la carta vincente della pellicola sono i dialoghi divertenti tra i protagonisti. Le dinamiche action sparse per la trama sono certo parte integrante della storia ma una mera cornice alle dinamiche di questa strana coppia. D’altronde l’unione di due personaggi agli antipodi è uno dei topos cinematografici più vecchi della storia del cinema. Walter Matthau e Jack Lemmon furono La Strana Coppia nel 1968 sul grande schermo e divertirono incredibilmente il pubblico, ma dopo di loro si sono susseguiti molti altri attori a formare molte altre strane coppie. Harrellson e Hart non sono che l’ultima aggiunta a un già lungo elenco.

L'uomo di Toronto 3Un action-comedy un po’ stereotipato

Forse dire che i film action siano per gli Stati Uniti sullo stesso piano dei Cinepanettoni in Italia è un’esagerazione… ma forse non è un paragone troppo assurdo. Insomma, tra scarso politically correct e personaggi e situazioni stereotipate, le differenze sono poche. Diciamo che il divario sta principalmente nel budget, oltre che nel genere del lungometraggio. Se i Cinepanettoni sono principalmente comedy, nel caso dei film americani c’è anche, ovviamente, la componente action. Kevin Hart è molto autoironico e prende in giro il suo essere un afroamericano in mezzo a tante persone di etnia caucasica… in modo molto sarcastico e pungente. Forse un po’ stereotipato. D’altronde, tutti i personaggi all’interno di questo film sono uno stereotipo che cammina.

Non solo i protagonisti seguono l’archetipo del duo comico composto da un personaggio serio e cinico e uno buffo e goffo, ma anche i personaggi secondari sono principalmente piatti. Le donne in L’Uomo di Toronto (la fidanzata di Teddy e la sua migliore amica interpretata da Kaley Cuoco) non sono che parte di una cornice. Non hanno carattere e la trama non ha bisogno di andare più a fondo nelle loro intenzioni o nei loro comportamenti. Questo, tuttavia, le rende delle mere macchiette. Stessa cosa per le squadre investigative e gli altri cacciatori di teste presenti che non vengono approfonditi e non sono altro che stereotipi o, di nuovo, archetipi dei classici agenti dell’FBI e malintenzionati di ogni film action. Insomma, gli unici personaggi che davvero risultano più approfonditi sono i due protagonisti, che comunque non brillano di originalità. Detto questo, comunque, lo spettatore non lo guarda di certo con l’intento di vedere un lungometraggio introspettivo e profondo. La pellicola risulta, quindi, comunque godibile.

Le nostre conclusioni su L’uomo di Toronto

Quindi, se volete passarvi una serata in compagnia, se volete ridere mentre guardate un sano film action, L’uomo di Toronto è il lungometraggio per voi. Non è perfetto, tra personaggi a volte un po’ troppo stereotipati e scene action non molto innovative o curate a livello di CGI non è certo il film dell’anno. Tuttavia, l’intesa tra i protagonisti è palpabile e Harrellson e Hart creano un duo comico davvero simpatico. Per intenderci, la pellicola ricalca un po’ opere come Innocenti Bugie (2010) con Tom Cruise e Cameron Diaz. Ovvero, quei film action che prendono in giro il genere stesso, che si prendono poco sul serio e puntano sulla comicità e sulle capacità recitative e comiche dei protagonisti. L’uomo di Toronto è esattamente questo. Ci sono uccisioni, ci sono esplosioni e inseguimenti in macchina, così per renderlo un action movie sotto moltissimi aspetti. Ma nel bilancio finale questa pellicola è una commedia fatta e finita.

I personaggi sono in parte dinamici ma non totalmente a tutto tondo. Sia Teddy sia Randy imparano qualche cosa ma contemporaneamente rimangono piuttosto simili ai loro stessi di inizio film. Certo, Teddy si redime ma continua a essere goffo e combina guai. Randy invece continua a essere l’uomo cinico e inquietante che era a inizio film, semplicemente diventa un po’ meno inquietante… e letale. Sarà il cipiglio severo di Wody Harrelson o forse le urla di spavento di Kevin Hart, ma per quanto L’uomo di Toronto non sia il nuovo Mission Impossible, non riuscirete a staccarvi dallo schermo. Voi guarderete questo film? Avete già visto altri prodotti con questi attori? Se volete rimanere aggiornati sulle notizie dal mondo del cinema, degli anime, dei manga, dei videogiochi e molto altro, unitevi al nostro canale Telegram e continuate a seguirci sul sito Kaleidoverse.

75%

L'uomo di Toronto è uno di quei film che si guardano per passarsi una buffa serata in compagnia. Quei film che mettono d'accordo tutti. C'è l'azione, c'è la commedia, c'è quel pizzico di scurrilità e violenza che non disturbano la parte più sensibile dell'audience e accontentano invece il resto del pubblico. Kevin Hart è divertente come sempre e Woody Harrelson è anche lui buffo in modo spesso inquietante ma ironico. Non è un film da premio Oscar, a partire dalla CGI che spesso si nota essere molto finta, ma è un lungometraggio che fa il suo mestiere, ovvero intrattenere.
Noi di kaleidoverse.it lo eleggiamo già a film estivo da guardare mangiando pizza e/o gelato e bevendo una buona bevanda fresca con gli amici. Siamo certi che, se mai i titoli Netflix cominceranno a passare in chiaro anche in televisione, sarà uno di quei lungometraggi che ciclicamente verranno messi in onda il sabato sera in prima serata.

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Giulia Galizia
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Attrice e appassionata di canto, cinema, animazione, fiabe e danze storiche. Ha studiato doppiaggio cinematografico e al momento si destreggia per entrare in quell'affascinante mondo. Laureata in Scienze della Formazione Primaria all'Università di Modena e Reggio Emilia, dove ha conseguito anche un dottorato di ricerca in Scienze Umanistiche. Bilingue inglese è appassionata di scrittura fin dal 2011 quando pubblicò il suo primo racconto "Confessione" nel libro "Il sogno di Agnese - L'inferno è Immobile".

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