Gli ultimi 50 anni ci hanno abituati a concepire il mondo come qualcosa di infinitamente piccolo stagliato su qualcosa di infinitamente grande: lo spazio, l’ultima frontiera (sì, so che l’avete letta con la voce di Kirk). A parte gli scherzi, comunque, la corsa allo spazio ha caratterizzato un’epoca e non sembra intenzionata a tramontare così facilmente. Se state seguendo i notiziari ultimamente avrete sicuramente sentito parlare di Artemis 1, per fare un esempio. Parlando di Marte (parte integrante di quello che stiamo per presentarvi) di recente è stato ritrasmesso il film The Martian. Ma cosa accadrebbe se il protagonista non fosse stato Matt Damon?
Mettiamo caso che al posto dell’attore statunitense ci fosse stato… un robot. Beh, in quel caso si tratterebbe di un altro film, Good Night Oppy, disponibile alla visione su Prime Video a partire dal 23 novembre. Good Night Oppy non è un film d’animazione, né tantomeno di fantascienza o sci-fi: è un documentario. Sì, probabilmente adesso qualcuno storcerà la bocca perché, suvvia, i documentari sono noiosi. Però noi vi invitiamo comunque ad aspettare un attimo e a non formulare giudizi affrettati, perché potreste restare molto sorpresi.
La trama di Good Night Oppy
Good Night Oppy ripercorre la storia (inizialmente) congiunta dei primi due rover della NASA – Spirit e Opportunity – inviati in missione esplorativa su Marte nel 2003. Il film rappresenta la stesura audiovisiva di una pietra miliare dei progressi nella corsa allo spazio. I due rover, infatti, erano stati mandati sul pianeta rosso per durare solo 90 sol (i giorni su Marte si chiamano così), ma Opportunity ha battuto ogni calcolo e ogni record, arrivando a 5111 sol. Quasi 15 anni su un pianeta alieno, più il periodo precedente al lancio dei due robottini, i vari inghippi e i metodi di ragionamento di due incredibili team sulla Terra.
È questo quello che troverete racchiuso nel docufilm, narrato sapientemente dalla voce di Angela Bassett (che è sempre un piacere ascoltare) e dai ricordi carichi di affetto degli scienziati che hanno passato più di una decade a guidare Opportunity in giro per Marte, a ingegnarsi per fargli superare gli ostacoli e ad accogliere con riconoscenza ogni singolo nuovo dato inviato loro. Il racconto è orchestrato magistralmente e riesce a coinvolgere lo spettatore intensamente, facendolo empatizzare con l’impresa (ricordiamolo) di Opportunity e riportando a galla l’impatto che il suo girovagare ha avuto a livello mondiale.
Un docufilm riuscitissimo
Good Night Oppy non è un semplice documentario, né un semplice docufilm: è un minuzioso lavoro di ricerca, trasmissione e ricostruzione di un lungo viaggio. Potremmo parlarne come di una specie di scavo archeologico trasposto su schermo o di un fine lavoro sartoriale cucito su misura per tenere al caldo un pezzo della nostra storia recente, e senza esagerare. Ryan White, che non è nuovo nel panorama di questo genere cinematografico, ha saputo dosare con maestria il vero e la ricostruzione. Il risultato di questo amalgama è un unico, lunghissimo, film che non dà a chi lo guarda la percezione di avere elementi artificialmente inseriti all’interno.
Questa sua peculiarità è importante (come vedremo tra poco), perché l’omogeneità del prodotto contribuisce a restituire un profondo senso di comunione sia con gli operatori della NASA che hanno effettivamente lavorato all’operazione ma anche con Opportunity stesso. Può sembrare strano, può far storcere il naso, ma l’antropomorfizzazione del rover è inevitabile, ma non perché White ha fatto in modo che fosse così. Chi ricorda quei giorni e il fermento che correva da un canale televisivo all’altro sa perfettamente quanto il “rover fortunato” sia entrato nei cuori delle persone, diventando una sorta di mascotte del genere umano mandata nello spazio.
Umanità all’ennesima potenza
Si può empatizzare con un robot? Come abbiamo anticipato sopra: sì, si può. Opportunity non è il primo esempio di quello che si sta rivelando un fenomeno sempre più diffuso e normalizzato. Con l’avanzare della tecnologia e con i progressi nel campo della robotica e dell’IA le nostre vite quotidiane sempre più risentono dell’uso costante e pervasivo di software che sembrano rendere vive e senzienti le cose intorno a noi. Queste nuove funzionalità ci portano, piuttosto naturalmente, a parlare con loro e a considerarle umane. Nel 2003, quando Spirit e Opportunity toccarono il suolo marziano e iniziarono la loro missione questo genere di scambi erano ancora fantascienza, eppure questo non ci risparmiò dal trasformare i due robot in simpatiche mascotte dell’umanità intera.
I due rover ci hanno – seppure indirettamente – uniti nel fermento del nuovo pianeta raggiunto e delle prospettive che questo nuovo iniziato ha cominciato a tracciare nel nostro futuro. Oltre ogni divisione territoriale e ideologica, Spirit e Opportunity ci hanno ricordato quanto l’acume umano sia ancora in grado di generare, quanto ancora possa rivelarsi straordinario e oltre ogni previsione. Tutto questo sfocia in una sorta di singolare inno all’unicità umana, esaltata da un paio di robot che hanno commosso e hanno fatto ridere, affermandosi come esploratori in avanscoperta del popolo terrestre.
Curiosità e speranza
Good Night Oppy non dimostra soltanto quanto un robot possa smuoverci emotivamente facendoci ridere e piangere. Il motivo principale per cui questo docufilm acchiappa lo spettatore e non lo lascia andare è un altro: la speranza, mescolata a una buona dose di curiosità. Abbiamo detto sopra che Opportunity e Spirit rappresentano un ottimo risultato dell’acume e dell’ingegno umano, e queste due abilità a noi intrinseche innescano una pulsione irrefrenabile: la curiosità, che genera a sua volta la speranza per un futuro che sia (possibilmente) positivo.
Sì, Opportunity ha smesso, dopo ben 15 anni, di comunicare con noi; ma il lungo cammino compiuto dal rover, insieme alla sua impensata resistenza agli intensi fenomeni naturali marziani, ha aperto il sentiero ad altre missioni spaziali, ad altre sperimentazioni, al pensiero che un giorno l’uomo potrà effettivamente camminare sul suolo sabbioso e rossastro di Marte. L’agire di Opportunity ha fatto emergere una moltitudine di domande interessanti che hanno istigato la realizzazione di altri due rover, Curiosity e Perseverance. Nomi evocativi che vogliono essere un promemoria necessario a non arrendersi di fronte all’ignoto, se si vuole trarre qualche insegnamento da esso.
Le nostre conclusioni su Good Night Oppy
Il film lascia Opportunity e si getta sul futuro dopo avergli augurato la buonanotte. Noi, invece, proprio come nelle migliori nottate portatrici di ottimi sogni, continuiamo a immaginare il rover che rotola contro le tempeste di sabbia, isolato dalla Terra ma attivo. Il “rover fortunato”, così come Good Night Oppy, sono il manifesto di un’umanità divisa a metà tra il presente e il futuro, ricercando conoscenze ancora ignote. E sono proprio le conoscenze che lo spettatore si porta dietro dopo aver guardato questo il film la chiave di tutto, perché la strabiliante storia della missione su Marte diventa parte di noi e della nostra storia senza imporsi come lezione di scienze illustrata.
Speriamo che questa recensione vi abbia convinti a guardare Good Night Oppy e di farvi trasportare nello spazio pieno di stelle verso mete lontane, immaginado mondi sconosciuti. Nel frattempo, se volete leggere altre recensioni potete farlo su Kaleidoverse. Inoltre, se avete già visto questo bellissimo docufilm e volete dirci la vostra, vi aspettiamo sui nostri gruppi community (Facebook e Telegram) e sui social, dove condividiamo anche altri contenuti e parliamo di videogiochi, serie TV e anime.
Good Night Oppy è un docufilm che meriterebbe di essere proiettato al cinema per quanto è bello. Grazie alla regia fluida e alla fotografia nitida è possibile volare nello spazio fino a Marte in compagnia di Spirit e di Opportunity per capire fin nei minimi dettagli cosa è accaduto sul pianeta rosso e perché la presenza di due robot su un pianeta alieno sia stata una cosa così importante per noi esseri umani. Grazie al montaggio sapiente e alla disponibilità del team originale che si occupoò dei due rover, il regista ricostruisce dunque una storia tanto semplice quanto incredibile, strettamente legata a una buona dose di ottimismo, buona musica e sperimentazione.