È un po’ triste dirlo, ma ogni volta che un nuovo film italiano viene annunciato o fa la sua comparsa sulle piattaforme di streaming la platea si divide sempre. Lo fa ancora di più quando il film in questione appartiene a un genere non tipicamente italiano (commedie e film di Natale; sì, il cinema ci ha abituati a questo). L’ombra del dubbio sulla qualità dei prodotti nostrani è nociva, e sembra che negli ultimi tempi sia in atto un’inversione di tendenza: i nuovi film spaziano, andando a porsi in generi inusuali per noi (almeno, negli ultimi decenni). Un esempio di ciò è il film di cui parleremo in questa recensioen: Il Mio Nome È Vendetta, rilasciato su Netflix il 30 novembre.
Si tratta di un thriller tutto italiano, a partire dal regista Cosimo Gomez (Brutti e cattivi) e a finire con il cast, che vede come attori di punta Alessandro Gassman (I bastardi di Pizzofalcone), Alessio Praticò (Blocco 181) e Remo Girone (La piovra). Oltre a questi nomi già celebri c’è poi anche la conferma di una giovane attrice come Ginevra Francesconi (Genitori vs Influencer), che accanto a Gassman forma il duo di protagonisti del film. La casa di produzione della pellicola è la Colorado Film, mentre della sceneggiatura oltre al regista si sono occupati Sandrone Dazieri (Il sistema) e Andrea Nobile (A casa tutti bene).
Il Mio Nome È Vendetta: la trama
Ci troviamo tra le montagne del Trentino, dove la famiglia Franzè conduce una vita normalissima. Domenico e Ingrid sono una coppia affiatata e la loro figlia Sofia è un’adolescente con la passione per l’hockey. La normalità di questa famiglia si infrange però quando la ragazza pubblica sui social una foto di suo padre nonostante lui le avesse vietato di farlo. Il motivo viene subito svelato: Domenico non è sempre stato l’uomo amorevole e tranquillo che vediamo. In un passato che sembrava ormai abbandonato l’uomo aveva un altro nome e un altro lavoro: si chiamava Santo ed era un sicario della ‘ndrangheta.
L’uomo era riuscito a fuggire dalla propria vita, ma la famiglia Lo Bianco non l’ha affatto dimenticato. A causa di quella foto, infatti, viene subito rintracciato e due uomini di don Angelo uccidono sua moglie Ingrid e suo cognato Patrick, scambiandolo per lui. Non riescono però a liberarsi di Sofia, che ricongiuntasi con il padre apprende la verità. I due iniziano così una fuga disperata, che si tramuta però ben presto in vendetta nei confronti dei malavitosi.
Motore, luci… dashcam!
Da un punto di vista più tecnico Il Mio Nome È Vendetta gode di una regia che punta a eguagliare quella dei thriller americani (più familiari al grande pubblico) ma riuscendo a conservare un’impronta tipicamente nostrana che non guasta. L’aggiunta di riprese in prima persona o di campi fissi danno in alcuni punti l’impressione di trovarsi sulla scena di un reality anziché di un prodotto cinematografico. La cosa di per sé non è negativa, ma straniante. L’impiego di una simile tecnica, infatti, può dare molto a un prodotto se saputa usare, e dobbiamo constatare come in questo caso non sembra esserci un vero e proprio criterio nella scelta, creando una discrasia che confonde.
Questa pecca si evince anche a livello del montaggio, che a causa di questi repentini cambi d’inquadratura risulta singhiozzante. Per quanto riguarda invece le musiche non abbiamo nulla da ridire, così come nel caso delle scene di combattimento, molto realistiche sia da un punto di vista dinamico che da quello delle ferite. La parte più action del film, insomma, non sembra avere nulla da invidiare ai prodotti d’oltreoceano, ma anzi dà allo spettatore finalmente modo di riconoscersi appieno in un contesto più familiare.
Un amore più profondo
La trama di Il Mio Nome È Vendetta è molto lineare e punta – com’è giusto che sia – sui momenti più movimentati e turbolenti. Nonostante questo, però, non abbiamo non potuto notare alcune tematiche più profonde, che innestano in qualche modo il terreno della storia. Al primo posto potremmo parlare dell’amore: Domenico ha deciso di volgere le spalle alla propria vita criminale per guardare a un futuro più luminoso. E in questo futuro ha una famiglia e una moglie, Ingrid, che ama tantissimo.
È però Sofia il seme vero e proprio della sua nuova anima, e a dircelo è lui stesso, in un momento molto dolce del film (per quanto sanguinolento). Il rapporto paterno che Domenico ha con sua figlia è profondo, intenso e carico di una profonda gratitudine. La nascita di Sofia rappresenta, nella sua vita incerta, la pietra d’angolo che gli serve per ricostruire la sua vita da capo, partendo da fondamenta solide e fabbricando, con fatica ripagata, una nuova esistenza.
Una questione di identità
Da un certo punto di vista potremmo considerare la parabola che compie Domenico una sorta di seconda opportunità per se stesso, che intravede e intraprende. La verità, almeno secondo noi, è che ciò sia falso. Nel film non abbiamo tanto la percezione di un bonus temporale quanto di una bolla che scoppia, facendo precipitare il suo contenuto nel mondo reale. Basta poco, e Domenico è costretto a rivedere la sua vecchia vita, di fronte alla quale esita, incerto. L’unico motivo che lo spinge, inizialmente, a fermarsi per riflettere su ciò che gli sta capitando, è la presenza di Sofia.
Non appena la ragazza però accetta effettivamente il passato del padre Domenico lascia lentamente la presa su ciò che è, ritornando a essere ciò che era, ovvero Santo il sicario della malavita calabrese. In fondo, dunque, l’uomo non è affatto cambiato né ha intrapreso un percorso di redenzione. Tutto quello che sembra aver fatto è prendersi una pausa dal suo vero io, in una sorta di inusuale Il fu Mattia Pascal. Accettare la sua vera natura lo porta poi a seguire fino in fondo il sentiero della vendetta, con tutte le conseguenze che questo comporta, in una sorta di parallelismo con un’altra opera letteraria, che viene citata a più riprese nel corso del film.
Il richiamo della vendetta
Stiamo parlando di Il richiamo della foresta, celebre classico di Jack London incentrato sulla figura di Buck. Santo (chiamiamolo con il suo vero nome d’ora in poi) afferma che è il suo libro preferito, e che si è ritrovato nel cane protagonista. Se prendiamo il film per intero e riflettiamo, possiamo vedere come in un certo senso la vita dell’uomo sia ciclicamente simile a quella dell’animale di London: Domenico è la parte addomesticata di Santo, che viene soppiantata e affossata da Santo, il quale cerca di vivere dapprima in bilico tra le sue due vite ma alla fine cede alla sua natura selvatica.
Il prezzo che deve pagare, in questo caso, è l’assoggettamento alla legge del più forte, di fronte alla quale soccombe, morendo. La sua dipartita dovrebbe essere il traguardo (per quanto lugubre) del sentiero lastricato di sangue che aveva cercato di abbandonare. Così però non è, dal momento che Sofia si rivela essere sua degna figlia, proseguendo nel percorso anche senza di lui. Questo mutamento molto freddo, proprio sul finale, risuona con il messaggio del romanzo e con la citazione (più volte ripetuta): “Uccidere o essere uccisi, questa è la legge. Mostrare pietà è solo un segno di debolezza.”
Le nostre conclusioni su Il Mio Nome È Vendetta
Il Mio Nome È Vendetta è un film che si fa guardare con facilità, incuriosendo lo spettatore. Come spesso accade, basta una scintilla per stuzzicare l’immaginario delle persone per poi attirarle e farle arrivare fino alla fine. Questo è il caso, e pensiamo che ne valga la pena. Il Mio Nome È Vendetta si inserisce in una fase di rinascita del cinema italiano che vuole distaccarsi dai prodotti degli ultimi vent’anni. Non ci riferiamo certo ai film e ai registi che ci hanno regalato degli Oscar, bensì a film situati un po’ in mezzo, tra i capolavori e i cinepanettoni. Ecco, tra quelle due sponde si trova un moto di rinnovamento che speriamo possa far emergere anche altri generi.
Come sempre, speriamo che questa recensione vi abbia convinti a guardare il film. Nel caso in cui, invece, l’aveste già fatto, diteci la vostra. Vi aspettiamo su Kaleidoverse (dove trovate recensioni anche di videogiochi, serie TV e anime), sulle nostre pagine social e sui nostri canali community (Facebook e Telegram). Non vediamo l’ora di confrontarci con voi e sapere quali sono i vostri pensieri e i vostri punti di vista su questo film, sui suoi interpreti e su quello che potrebbe rappresentare.