Nonostante le molte certezze avute con i blasonati titoloni delle grandi case di sviluppo, l’ormai passato 2022 ha visto molte sorprese in termini di titoli indipendenti. Anche se non fanno parte di questa lista, giochi come Tunic, Cult of The Lamb e Thymesia sono ottimi titoli, ma qui vi elenchiamo i migliori giochi indie dell’anno appena trascorso, secondo la redazione.
Return to Monkey Island
La nostra lista comincia con Return to Monkey Island, l’ultima fatica di Ron Gilbert e compagni, nonché il titolo che ogni fan (o chi osa definirsi tale) di LucasArts e delle avventure grafiche dovrebbe possedere nel proprio catalogo. Certo, rispetto ai capitoli precedenti non spicca di difficoltà o complessità negli enigmi rispetto ai giochi LucasArts (noti per essere fuori di testa e a dir poco imprevedibili), e lo stile artistico è molto lontano dai vecchi fasti del brand. Ciononostante, il gioco riesce comunque a confezionare un titolo memorabile, capace di far commuovere ed emozionare ogni appassionato.
In breve, Return to Monkey Island è un gradito ritorno di Ron Gilbert dopo oltre 30 anni, una lettera d’amore non solo a Monkey Island e alle avventure grafiche (un genere sempre più in fase calante in epoca contemporanea), ma ai videogiochi in generale. Bisogna ringraziare non solo lo stesso Gilbert per aver reso possibile questo capitolo, ma anche ai ragazzi di Terrible Toybox e persino a Devolver Digital.
Vampire Survivors
Vampire Survivors è quel titolo bistrattato sul quale nessuno investirebbe un quattrino bucato, ma che inspiegabilmente riesce a far impazzire tutti. L’obiettivo è sopravvivere per 30 minuti, ma quei minuti diventano ore, che poi diventano giorni. Al pari di una slot machine, Vampire Survivors è assuefacente e provoca dipendenza: una droga legalizzata tutta italiana.
Anche questo gioco non pecca di originalità, essendo praticamente una copia (ai limiti del plagio) di Magic Survival, titolo Android di soli tre anni fa, ma lo evolve con un sistema più funzionante, immediato e coinvolgente. Costa pochissimo su Steam e attualmente risulta gratuito su Android, ma involontariamente vi ritroverete a pagare ore di vita attuando routine giornaliere di partite “veloci”.
Sifu
Sifu è un autentico miracolo fatto videogioco. Il titolo di Slowclap è un picchiaduro a scorrimento, reinterpretato con meccaniche moderne come quelle già viste in titoli come la serie Arkham di Rocksteady, con un combat system molto tecnico e punitivo per i giocatori poco attenti nelle varie fasi di gioco. In Sifu non si muore per davvero, ma si “rinasce” invecchiati di qualche anno e con monete che rappresentano le varie vite mancanti del protagonista.
Sifu è la rappresentazione perfetta di un gioco di oltre 30 anni fa catapultato nel futuro, un fenomeno che non si vedeva dai tempi di Undertale. Sloclap prende il meglio del passato e lo evolve grazie a delle idee interessanti di gameplay e una difficoltà elevata, ma stimolante. Se si è fortunati, titoli del genere escono una volta ogni 10 anni, e solo il tempo renderà giustizia a un gioco immediatamente dimenticato dopo il picco avuto al suo rilascio.
Scorn
Scorn è un’opera d’arte in movimento della quale non si sa nulla. Il gioco è crudo, potente, claustrofobico, violento, enigmatico, straziante, ma è più di questo. Scorn è un titolo che basa la sua forza sui simbolismi, sui temi che vuole trattare (seppur in un modo che solo un occhio molto attento riuscirebbe a cogliere) e sull’interpretazione degli stessi. Il mondo di gioco è vivo e pulsante, con un comparto artistico che ricalca a man forte un’influenza artistica di Hans Ruedi Giger (così come il correlato capolavoro di Ridley Scott, Alien), così come quella di Zdzisław Beksiński (per esempio i vari poster del gioco ricordano vagamente le sue opere).
Scorn è un’esperienza rara da trovare nel gaming contemporaneo, ma allo stesso tempo non è un gioco per tutti. Rifacendosi a titoli più “autoriali” come Inside e Limbo di Playdead, Scorn non è un titolo commerciale e non vuole esserlo: vuole mostrare a tutti la sua natura più pura, e va apprezzata per quella che è; il gioco è odiato e amato al tempo stesso proprio perché divisivo, particolare e quasi onirico. Non consigliamo Scorn sia agli amanti di giochi fps, sia ai fan di giochi a enigmi, ma forse potrebbe andare a genio agli appassionati dell’orrore; lo consigliamo però vivamente a chi vorrebbe giocare Scorn a prescindere da tutto.
Immortality
Tra i migliori giochi indie dell’anno elencati qui, sicuramente c’è spazio anche per Immortality, plurinominato gioco ai The Game Awards, facendo da titolo cenerentola a colossi come God of War Ragnarök ed Elden Ring. Noi saremo i protagonisti delle indagini dell’improvvisa scomparsa di Marissa Marcel, grande promessa del cinema che ha recitato in tre film mai distribuiti in sala, ma di cui sono inspiegabilmente comparsi i girati solo nel 2020. Improvvisandoci montatori, scopriremo un mistero molto più grande della stessa attrice e del suo caso, in un turbinio di mistero, lussuria e blasfemia mai troppo celata.
Sam Barlow, dopo un facilmente dimenticabile Telling Lies, in questo Immortality ritorna sulla falsa riga di Her Story con un gameplay non più incentrato sulla ricerca testuale di parole chiave, ma sulla completa interazione con le immagini. Grazie alla sfaccettata vicenda, all’interpretazione di ogni attore presente e soprattutto ad una prestazione estremamente convincente di Manon Gage nei panni della “celebre” attrice, Sam Barlow si afferma non solo come un talentuoso sviluppatore, ma come un autore videoludico a tutti gli effetti.
Quali tra questi titoli avete giocato, quali vorreste recuperare e quali avreste voluto mettere in lista? Se volete consultare anche i migliori giochi AAA dell’anno o altri articoli a tema videoludico, vi invitiamo a seguirci sui nostri vari canali e su Kaleidoverse.it.