Su Netflix riscuotono sempre più un notevole successo le docuserie. La maggior parte appartengono al rinomato sottogenere del true crime (che grazie al prosperare dei podcast è sempre più diffuso) o affrontano tematiche di ordine culturale (vedi I giocattoli della mia infanzia). Il 19 aprile, però, a fare la sua comparsa sulla piattaforma rossonera è stata una serie documentaristica completamente diversa: L’Impero degli Scimpanzé (Chimp Empire) che – come suggerisce il titolo – mostra lo stile di vita di una comunità di scimpanzé fra guerre per il territorio e giochi di potere, che proveremo a spiegarvi in questa recensione.
La serie è composta da quattro episodi che sono una vera e propria goduria per gli occhi, ed è diretta da James Reed (Il mio amico in fondo al mare), che ha scritto anche la sceneggiatura insieme a Matt Houghton (This is Endometriosis). A dare voce alle loro parole un ospite d’eccezione: il due volte premio Oscar Mahershala Ali (Green Book), che completa l’effetto incantevole e quasi ipnotico riscontrato durante la visione di questa serie grazie alla sua voce profonda e alla cadenza lenta e chiara. Se c’è una sceneggiatura, c’è anche una storia, presente nel paragrafo seguente, e l’allerta spoiler è sempre doverosa.
L’Impero degli Scimpanzé: la trama
Gli animali accuratamente osservati risiedono nella vasta foresta di Ngogo, che si trova in Uganda. In particolare, gli scimpanzé che abitano in quella fitta vegetazione sono oggetto di un lungo studio da parte della Yale University – chiamato appunto The Ngogo Chimpanzee Project. La docuserie si concentra sulle vite di due gruppi di scimpanzé – quelli centrali e quelli occidentali – e ne osserva le dinamiche sociali, presentandoci una successione di eventi degni de L’alba del pianeta delle scimmie.
I cameramen hanno infatti seguito l’evolversi di un complesso e subdolo gioco di potere, che si è articolato sia a livello esterno al gruppo centrale che a livello interno e che ha coinvolto il capo – Jackson – ormai anziano, i suoi sottoposti più giovani desiderosi di prendere il suo posto e gli altri scimpanzé, quelli occidentali, che cercano in tutti i modi di spodestare il gruppo centrale dalla sua posizione per poterla conquistare, anche a costo di uccidere loro simili.
Giubilo per gli occhi e per le orecchie
Guardare L’Impero degli Scimpanzé è un’ottima alternativa alle vacanze convenzionali. La fotografia è impeccabile e la strumentazione usata per effettuare le riprese restituisce una qualità impressionante. Se si unisce a questo la decisione di concentrarsi molto spesso sui primi piani degli animali, resi con un dettaglio mozzafiato, l’appagamento visivo è assoluto. Sono in particolare gli occhi degli scimpanzé – motivo ricorrente nel corso della serie – a colpire lo spettatore per la loro intensità.
Al comparto visivo si aggiunge poi naturalmente quello sonoro: la colonna sonora non è presente. Gli unici suoni percepibili sono quelli della foresta e degli animali stessi, il che dona una sensazione di pace e di comunione con la natura. L’unico suono estraneo nella serie effettivamente presente è quello della voce narrante, che nella versione originale è di Mahershala Ali; mentre in quella italiana appartiene ad Alberto Angrisano (voce ufficiale di National Geographic Italia). Il narratore è il passo che unisce lo spettatore al resoconto visivo: la sua voce ci prende per mano e collega gli eventi dando senso e intensità maggiore a quello che vediamo.
Dinamiche da fiction
Il ruolo dello spettatore è di solito quello dell’osservatore, ma nel caso dei documentari è molto più evidente, perché normalmente lo scopo del genere intero è quello di informare ed educare il suo pubblico. L’Impero degli Scimpanzé lo fa egregiamente, ma con una marcia in più: la sceneggiatura scritta da Reed e Houghton non si limita al primo scopo, ma riesce a dare un tono molto più narrativo, trasformando l’intera serie TV in una storia con una trama e dei personaggi.
Così vengono presentati gli scimpanzé del primo e del secondo gruppo, corredati da nome e da età, e vengono descritti i ruoli di tutti gli attori coinvolti nella vicenda che ha luogo: la conservazione del potere. I due gruppi sono infatti antagonisti e si scontrano a più riprese nei quattro episodi. La voce narrante in questo è provvidenziale, perché non solo ci spiega cosa accade – gli scimpanzé sono tutti uguali, non è facile notare le distinzioni tra i due gruppi – ma anche perché dona il pathos necessario alla formazione di una narrazione che ricorda prodotti completamente finzionali.
Lontani cugini
Gli scontri che avvengono in L’Impero degli Scimpanzé, le affermazioni di predominio sugli altri membri dei due gruppi, i rapporti tra madri e figlie e in generale a livello familiare ricordano – anche solo vagamente – dinamiche sociali uguali alle nostre. I vari problemi che insorgono nel corso della serie e il focus sui singoli animali, ognuno con un carattere diverso rispecchiano i nostri, avvicinando di molto il mondo animale a quello umano. Nonostante le differenze abissali tra noi e gli scimpanzé la serie mette in chiaro quello che è il terreno comune tra le nostre specie.
Quello che accade all’interno dei due gruppi e le interazioni poco amichevoli che mettono in atto gli scimpanzé tra di loro sono azioni semplificate della nostra società globale. In uno spazio esiguo – la foresta di Ngogo – che rappresenta il loro mondo, gli scimpanzé agiscono riallacciandosi ai moti sociali globali, formati da gruppi più o meno grandi che interagiscono tra di loro. Gli esseri umani sono capaci di compassione e di condivisione con gli altri gruppi sociali (è una delle tante cose che ci differenziano dagli animali), ma molto spesso questi sentimenti risultano molto difficili da attuare persino con i membri della propria comunità. Potremmo quindi forse imparare qualcosa dagli scimpanzé catturati nella serie.
Le nostre conclusioni su L’Impero degli Scimpanzé
C’è quindi forse da imparare dagli scimpanzé? La risposta risiede in tutti quelli che hanno guardato la serie o la guarderanno dopo aver letto questa recensione. L’Impero degli Scimpanzé è sicuramente un prodotto di nicchia, che attirerà gli appassionati del genere, ma speriamo di aver incuriosito anche molti neofiti, perché osservando le scimmie muoversi tra gli alberi si proveranno sensazioni molto diverse da quelle canonicamente accettabili per un documentario.
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L'Impero degli Scimpanzé è una docuserie che trascina gli spettatori nelle profondità del continente africano, dove si nascondono dinamiche di potere difficilmente immaginabili. La regia attenta ai dettagli, la risoluzione delle riprese e la voce coinvolgente e magnetica del narratore ci presentano una storia che potrebbe tranquillamente appartenere alle nostre cronache, se non fosse per un particolare: i protagonisti sono scimpanzé. In quattro episodi viviamo insieme a questi animali, così simili a noi seppur così diversi, ricevendo in cambio una comprensione molto approfondita del loro stile di vita tutt'altro che pacifico e spensierato.