“Per ridere veramente, devi essere in grado di sopportare il tuo dolore e giocare con esso”. Sapete chi lo ha detto? Un’icona della commedia e del cinema del secolo scorso, il re dello slapstick e del cinema muto: Sir Charles Spencer Chaplin, conosciuto semplicemente come Charlie Chaplin. E sapete chi riesce a incarnare e rendere reale (si fa per dire) questa frase? Miriam Maisel, la chiacchierona e irriverente protagonista de La Fantastica Signora Maisel, la serie Amazon Prime Video appena conclusa e di cui parleremo in questa recensione.
Sin dalla prima stagione diviene chiaro che questa serie vuole raccontarci diverse cose: le difficoltà che una donna deve affrontare in un mondo fatto di uomini, come sopportare il proprio dolore e giocare con esso (appunto) e come questi elementi possano influire nella vita di una stand-up comedian. Il tutto contornato da un’alta borghesia degli anni Sessanta ricca di colori, abiti sgargianti, cene eleganti e moralismo dilagante.
La Fantastica Signora Maisel in breve
Facciamo la conoscenza di Miriam Maisel nel 2017, quando inizia la serie. Miriam – Midge per tutti – nel 1958 scopre che suo marito Joel la tradisce. In preda ai fumi dell’alcol e mezza nuda, torna nel locale dove è solito esibirsi Joel, il Gaslight (sta cercando di diventare un comico), sale sul palco, fa una sfuriata su quanto accaduto e viene arrestata, tra le risa e gli applausi, per aver mostrato il seno in pubblico. Uscita di prigione il giorno dopo, incontra Susie Myerson, dipendente del Gaslight e aspirante manager.
Negli anni, grazie al fiuto e alla faccia tosta di Susie, Miriam riesce ad avere più di un’occasione per emergere. Inizia un tour con il cantante Shy Baldwin, si esibisce davanti all’esercito, in diversi locali ed eventi, ma ogni singola volta, riesce a rovinare le cose (o le danno la colpa), in un modo o nell’altro. Dopo l’ennesima caduta e un discorso accorato di Lenny Bruce, si rialza di nuovo e trova la sua opportunità in un noto programma di quei tempi: il Gordon Ford Show. Tuttavia viene presa solo come autrice, almeno fin quando non prende in mano la situazione.
La fortuna de La Fantastica Signora Maisel
Cinque anni fa, nel 2017, nella home di Amazon Prime Video, ci si poteva imbattere nel primo episodio di una serie che non sembrava volesse dirci così tanto, ma solo farci ridere. Effettivamente, neanche Prime puntava molto su Midge, avrebbe solo dovuto intrattenere il pubblico, come può fare una brava comica. Però, andò molto meglio (e menomale): l’episodio pilota ebbe un’ottima accoglienza da parte della critica, alla quale seguirono, negli anni, diverse candidature e più di un Golden Globe e un Emmy vinti.
La Fantastica Signora Maisel si colloca tra quei prodotti che vogliono sì farci ridere, ma anche riflettere e commuovere. Si tratta infatti di una commedia con elementi drammatici, ideata da Amy Sherman-Palladino (insieme al marito). Potreste non sapere che la stessa Palladino è la mente che si nasconde dietro l’ideazione di Una Mamma Per Amica (Gilmore Girls); per cui, se nel corso degli ultimi 5 anni avete notato delle somiglianze tra Miriam Maisel (Rachel Brosnahan) e Lorelai Gilmore (Lauren Graham), questo è il motivo.
New York negli anni ‘60
Tra le tante cose che si possono dire de La Fantastica Signora Masiel, poi, bisogna per forza soffermarsi sulla scenografia. Palladino, infatti, riesce a regalarci un fedele spaccato dell’alta borghesia Newyorchese. I colori, i suoni, le auto e soprattutto gli abiti, ci rimandano a un tempo lontano, a un periodo di ricchezza e di spensieratezza. L’interpretazione dei protagonisti (Rachel Brosnhan – Miriam Maisel – su tutti) e la scrittura di palladino ci immergono completamente in questo mondo ormai così lontano da noi.
Riusciamo a respirare quell’aria inquinata, ma di cui nessuno si curava, il benessere sbattuto in faccia ai poveri e i ruoli di genere da cui difficilmente le persone (le donne soprattutto) riuscivano a liberarsi. E se lo facevano, venivano etichettate come strane, bizzarre, perché guai se qualcuno osava essere diverso dalla norma. Tutto questo lo percepiamo da subito, non appena Miriam decide di prendere la propria vita in mano e diventa quello che aveva imparato a non essere: indipendente e forte, come solo lei sa essere.
Chi è Midge Maisel?
Come dicevo, la somiglianza con Lorelei Gilmor (Una Mamma Per Amica) ci dà l’impressione di aver già conosciuto Miriam Maisel. Il loro modo di fare, la continua ricerca di indipendenza e la parlantina che potrebbe essere infinita, se nessuno le fermasse, le rendono praticamente delle gemelle. Sì, non è un punto che gioca a favore della serie un personaggio praticamente copiato, ma cavolo se funziona! In una cornice come quella che è la New York degli anni ‘60, esteticamente bellissima, ma interiormente bigotta e rigida, Miriam funziona, è quello che ci vuole.
In un periodo storico in cui ognuno aveva il suo posto e lì doveva restare, sarebbero servite più Miriam. Verso la fine di questo decennio, in effetti, qualcosa si muove, grazie anche a quelle persone, a quelle donne che, come Miriam hanno avuto la forza di prendere in mano la propria vita e di dire basta a tutta quella rigidità. Quindi, chi è Midge Maisel? È la rappresentazione di tutte le donne e tutte le persone che sanno fare delle proprie sconfitte un punto di partenza; è tutte le mamme single, tutte le donne ostracizzate da un mondo fatto solo di uomini e che provano a farcela. Ecco chi è.
Una storia troppo veloce?
La serie, negli anni, ha avuto più o meno sempre lo stesso andamento: Miriam cade, pensa di non farcela, si rialza, si dà una pulita e ricomincia. La schematicità della sua vita distrae un po’ dalla storia centrale, perché in fondo sappiamo che non ce la farà davvero, anche se il traguardo è lì, praticamente tra le sue mani. E spesso, inoltre, si ha una sensazione di estrema velocità. Certo, è probabilmente un richiamo alla vita frenetica di New York, ma a volte questa rapidità confonde, sembra di non avere il tempo necessario a metabolizzare gli eventi.
Quest’ultima stagione, invece, si allontana leggermente dallo schema. Sì, Miriam riparte dopo una batosta (il discorso di Lenny Bruce alla Carnegie Hall), ma spunta un nuovo elemento: il viaggio nel tempo (per lo spettatore), fatto di flashback e flashforward. Questi due espedienti vengono usati in tutti i 9 episodi per approfondire ancora di più passato, presente e futuro. Ammetto che la cosa, almeno inizialmente, destabilizza. Tuttavia, andando avanti, ci si rende conto che è stata la giusta trovata. Se non avessero dato delle risposte, saremmo rimasti totalmente confusi. E poi, se non ci avessero raccontato il futuro di Miriam, il finale non sarebbe potuto essere così emozionante e liberatorio. In quella scena, in quel preciso momento, quando Miriam decide di dire basta, noi siamo con lei, sentiamo la sua forza, la sua energia e sappiamo che tutto quello che dice si realizzerà, perché noi lo abbiamo visto.
La Fantastica Signora Maisel: una storia corale di amicizia, amore e stand-up comedy
Durante le 5 stagioni, salta all’occhio che, nonostante il titolo, quella che vediamo non è solo la storia di Miriam. Tramite lei veniamo a conoscenza di tutti i personaggi che ci hanno divertito (talvolta anche più di quanto abbia fatto la comica stessa): i genitori Abe e Rose (Tony Shalhoul e Marin Hinkle), l’ex marito Joel (Michael Zegen), gli ex suoceri (Caroline Aaron e Kevin Pollak) e la manager Susie (Alex Borstein). Tutti insieme, ci hanno restituito una grande performance attoriale; sono stati in grado di farci simpatizzare ed empatizzare con ognuno di loro.
Finché poi ci si accorge che, oltre tutto questo, tra la famiglia e l’amore, c’è una profonda storia di amicizia che noi vediamo svilupparsi in 5 anni, ma che nella serie arriva a quasi cinquant’anni. Nonostante Susie abbia sbagliato nei confronti di Miriam, condannando Joel, la comica riesce a trovare, alla fine, la forza di perdonarla e di riappacificarsi. La scena finale, lo scambio di battute tra le due in un lontano 2005, ci fa intendere la profondità di un’amicizia che va oltre la carriera, oltre oceano, superando ogni confine possibile.
Le nostre conclusioni su La Fantastica Signora Maisel 5
Si potrebbe continuare a parlare di questa serie ancora per molto, come del tema politico-sociale, sottinteso dall’inizio alla fine, che riguarda le donne, la loro repressione e i ruoli di genere; oppure del trucco non sempre perfetto in quest’ultima stagione; o, ancora, dell’intelligente costruzione di personaggi arguti, sagaci e pungenti compiuta da Palladino. Ma se vi dicessi tutto, non ci sarebbe altro da vedere, non trovate? La forza di questa serie sta nella sua scrittura globale e soprattutto nei personaggi. Ogni singolo interprete mette un pezzettino di sé nel proprio personaggio, riuscendo a coinvolgere il pubblico nelle follie della famiglia Maisel-Weissman.
I continui rimandi alla forza delle donne (come non menzionare il motto di Miriam e Susie: “tette in su!” – “Tits up!”), l’ambientazione retrò, la stand-up comedy e tutti i personaggi della storia riescono a mescolarsi in un tripudio di arguzia, sagacia e commenti pungenti tali da non riuscire a staccare gli occhi dallo schermo. Il finale, poi, grazie alla costruzione di un’ultima stagione che approfondisce ogni aspetto di passato, presente e futuro, ci regala una scena, uno spettacolo (il primo di tanti) capace di emozionarci e di farci esultare per la protagonista. Quindi, non perdete tempo e recuperate La Fantastica Signora Maisel. E mi raccomando: Tette in su! Per altre recensioni e approfondimenti, continuate a seguirci su Kaleidoverse.it; mentre, per non perdervi nessuna uscita e per poter interagire con noi, seguiteci sui social e iscrivetevi al canale Telegram.
Dopo averci accompagnato per 5 anni, La Fantastica Signora Maisel è giunta alla fine con quest'ultima stagione. Negli anni abbiamo potuto apprezzare la costruzione di una storia non solo incentrata sulla protagonista, ma che ruota intorno a tutta la sua famiglia. Ciò che colpisce molto de La Fantastica Signora Maisel sono l'arguzia e la sagacia dei personaggi costruiti da Amy Sherman-Palladino, la realizzazione di una idilliaca New York anni '60, fatta di colori pastello e di ruoli di genere da scardinare. La Fantastica Signora Maisel non è solo la storia di una donna che prova a diventare una stand-up comedian, è anche il racconto di una donna che prova a prendere in mano la propria vita, in un contesto che le rema costantemente contro: è una madre single che vuole far divertire con un linguaggio non sempre pulito, una donna che cerca indipendenza in un mondo di uomini. La Fantastica Signora Masiel è un'elegante storia di rivalsa e di amicizia che merita la nostra attenzione.