Il 26 ottobre Netflix ha deciso di regalare al mondo quello che secondo noi di Kaleidoverse sarà l’anime più bello del 2023: Pluto. Tratto dal manga omonimo di Naoki Urasawa – a sua volta ispirato ad un capitolo di Astro Boy – l’anime conta 8 episodi della durata media di 50 minuti l’uno e racconta un mondo futuristico, ma attuale, nel quale si sviluppa un noir che è anche un thriller e un potente dramma. Vi racconteremo le nostre impressioni su Pluto in questa recensione, mantenendo al minimo gli spoiler.
Pluto ha riscosso molto successo su carta, aggiudicandosi anche due importanti premi nel corso degli anni e il plauso della critica. L’anime invece ha la regia di Toshio Kawaguchi (Akira) – evidentissima – mentre il design dei personaggi è stato affidato a Shigeru Fujita (Akagami no Shirayuki Hime), che si è occupato anche della direzione delle animazioni. Studio M2 (Onihei Hankachou) ha prodotto l’anime insieme a Masao Maruyama (The Dreaming Machine) e Takashi Nagasaki, che ha collaborato con Urasawa nella stesura del manga. E ora, veniamo alla trama dell’anime.
Pluto: la trama
In un futuro che sembra dietro l’angolo l’umanità convive fianco a fianco con i robot, che hanno ormai raggiunto un livello tecnologico notevole. In questo mondo nel quale i grattacieli svettano sempre più alti e le auto si guidano da sole seguiamo l’indagine di Gesicht – robot detective dell’Europol. Qualcuno, infatti, sta uccidendo umani e robot lasciandosi alle spalle come firma un paio di corna. La scia di delitti internazionali sembra vedere come vittime designate i 7 robot più avanzati al mondo – classificazione che comprende lo stesso Gesicht – e umani che sostengono i diritti dei robot.
Mentre Gesicht gira il mondo per interrogare le altre potenziali vittime emerge un nome – Pluto, come Plutone, il dio degli inferi romano – e un passato che ha visto lo svolgersi di una terribile guerra, che ha colpito tanto l’umanità quanto la comunità robotica. Le morti però non cessano, né lo fanno i misteri, i dubbi e le domande che portano Gesicht e poi Atom – piccolo robot giapponese – a scoprire l’identità dell’assassino, che si incasella in un puzzle di storie dimenticate, tragiche e profondamente ingiuste.
Meravigliosa esecuzione
Tecnicamente Pluto è perfetto se si considera il manga originale – il cui stile viene mantenuto fedelmente – e il background del regista, già autore di un colossal come Akira. In Pluto ogni cosa è al posto giusto: il character design ha colto il meglio di ogni singolo personaggio, l’animazione ha dato loro vita conservando tratti che richiamano continuamente l’opera cartacea, l’uso della CGI si limita a elementi di sfondo e interagisce poco a livelli d’azione più evidenti, il che rende ancora più autentica l’esperienza di visione. La colonna sonora è originale e fonde il complesso intrico emotivo della trama, comunicando allo spettatore quasi implicitamente, come un messaggio subliminale, la forte emotività racchiusa nella serie animata.
Infine, applaudiamo anche la scelta di realizzare l’anime suddividendolo in 8 episodi di 50 minuti l’uno – in media. Chi guarda anime lo sa, si tratta di un’eccezione: solitamente un episodio dura sui 25 minuti. La scelta di allungare i tempi di visione per singolo episodio potrebbe dipendere da molti fattori, e sicuramente appesantisce gli occhi dello spettatore, per quanto possa esserne ipnotizzato; tuttavia, a parer nostro è comunque una trovata vincente, perché solleva indirettamente Pluto dal posto dato agli anime dall’opinione pubblica, collocandolo al livello delle serie TV.
Il futuro: così diverso, così uguale
Il mondo di Pluto è un’evoluzione del nostro. Tralasciando qualche cambiamento nel nome delle nazioni – forse fatto per non riscaldare gli animi al di fuori del piccolo schermo – la società che vediamo sviluppata negli 8 episodi dell’anime è figlia della nostra, ma sicuramente molto più pacifica – almeno, apparentemente. Ci sembra strano immaginare un futuro in cui le persone avranno superato la diffidenza nei confronti delle macchine e accetteranno di stare comodamente seduti su una macchina senza toccare volante o pedali. E ci sembra ancora più assurdo ponderare un mondo in cui i robot vivono e vengono trattati come umani.
Insomma, la società di Pluto ricorda quella di Blade Runner, ma in chiave luminosa e positiva. Almeno, finché la trama non inizia a scendere oltre le apparenze, sollevando il pesante tappeto che nasconde tutta l’incoerenza umana, i suoi sbagli e i suoi errori di calcolo. È comunque importante, a parer nostro, che in Pluto i robot non abbiano di base un’indole malvagia – niente Skynet, niente Terminator, solo macchine altamente sofisticate che osservano gli umani e imparano da loro. E questo, come si nota, è sia ottimo che sconsigliabile.
Indagine nel profondo delle cose
Lo spettatore nel corso della serie conosce molti aspetti della vita artificiale grazie a Gesicht, il robot detective dell’Europol, e alle sue interazioni con gli altri robot. Uno dei tanti pregi di Pluto, infatti, è l’aver messo sul piatto la maggior parte dei quesiti scientifici, filosofici, etici e morali che oggi si discutono con fervore sulle riviste accademiche e averli raccontati con immediatezza e semplicità. L’intelligenza artificiale sta sollevando un polverone, ed è relativamente da poco che le persone hanno iniziato a coglierne la portata. Nel campo accademico, invece, se ne discute da decenni a colpi di studi e di teorie.
Ecco quindi che nell’anime non si parla tanto dell’avanzamento tecnologico – sembra essere un dato di fatto che molti robot abbiano fattezze umane e siano quindi più avanzati di altri – quanto del confine che separa l’artificiale dall’umano. Gesicht e gli altri robot sognano, restano affascinati da vari aspetti del mondo nel quale vivono e hanno delle relazioni di valore con altri, siano essi robot o umani. Il mondo di Pluto mostra una versione possibile di quello che potrebbe essere il nostro futuro, regalandoci una storia che sembra essere un’utopia ma che si dimostra tremendamente reale.
Dall’imitazione alla realtà
I robot in Pluto hanno intelligenze artificiali molto complesse e vivono imitando il comportamento umano, come spiega Atom durante la sua prima conversazione con Gesicht. Lo imitano perché, non essendo umani, non possono provare sentimenti e assaporare pietanze; insomma, non riescono a capire tutto ciò che è legato all’emotività. Questo loro limite emerge pienamente quando entra in gioco la guerra – uno dei temi cardine di questo anime, dal quale scaturisce il messaggio fondamentale della storia. La guerra, ça va sans dire, è una dimostrazione di odio nei confronti degli altri.
I robot, però, non possono provare odio, ragion per cui nell’anime abbiamo alcuni di loro che hanno combattuto perché erano tenuti a farlo, dovevano rispondere a degli ordini precisi e non hanno mai ucciso delle persone ma solo altri robot; altri hanno invece colto l’insensatezza della guerra, e hanno deciso di non prendervi parte. Il rapporto che si instaura tra l’intelligenza artificiale e l’odio è il punto focale di Pluto: perché l’antagonista uccide? Cosa accade se un robot programmato per imitare il comportamento umano oltrepassa il confine tra imitazione e realtà e inizia a provare dei sentimenti? Tutto sembra essere riducibile ai due fuochi dell’emotività umana: l’amore e l’odio, che non smettono di sorprendere e, anzi, si affacciano su un nuovo modo di intendere l’IA.
Le nostre conclusioni su Pluto
“Niente nasce dall’odio”, dice Gesicht ad un certo punto, ma sicuramente molto nasce dall’amore, come dimostrano North No. 2, Brando ed Epsilon. E così anche il misterioso quanto tormentato Pluto. Lo ribadiamo: questo anime si confermerà a parer nostro il migliore del 2023 per trama, personaggi e temi affrontati. L’adattamento dell’opera di Naoki Urasawa ammalia per la bellezza e la profondità dei personaggi, intriga per i risvolti un po’ noir e un po’ thriller e commuove lo spettatore, che si lascerà alle spalle molti fazzoletti zuppi.
Ma noi abbiamo scritto abbastanza: adesso vogliamo sapere cosa ne pensate voi, di Pluto. Vi è piaciuto? Parliamone insieme sui gruppi community di Kaleidoverse (su Facebook e su Telegram) e non dimenticate di condividere questa recensione se l’avete apprezzata. Vi ricordiamo che potete seguirci sulle nostre pagine social per restare sempre aggiornati sugli ultimi articoli in uscita, come la recensione di I leoni di Sicilia, la guida ai trofei di Marvel’s Spider-Man 2 e l’approfondimento sul reboot di Harry Potter. Vi aspettiamo!
In un mondo in cui gli umani e i robot hanno imparato a convivere e l’IA è diventata una tecnologia intessuta nel quotidiano Pluto sviluppa una trama complessa, dai mille risvolti, che coinvolge altri generi come il noir e contiene al suo interno moltissimi temi come l’amore, l’odio, la genitorialità, le emozioni, la morte, i dubbi, la guerra e il conflitto. I robot sono i protagonisti assoluti, ma oltre ad essere soggetti sono anche oggetti e mezzi perfetti per portare avanti delle riflessioni profonde su questioni antiche eppure sempre attuali. Essendo così avanzati gli androidi protagonisti si interrogano sulla linea di demarcazione tra umano e artificiale: qual è il limite tra imitazione e realtà? Qual è la natura delle emozioni umane? I robot possono provare emozioni? Quali sono i criteri per rendere umano un robot? Cosa accadrebbe se un robot potesse provare emozioni umane? Il legame tra amore e odio che i robot non conoscono per natura sfocia in una lotta straziante che si conclude in maniera agrodolce, commuovendo lo spettatore e incastrandosi nella sua memoria.