Il periodo natalizio racchiude in sé moltitudini dissonanti: da un lato i colorati richiami alla gioia, alla convivialità – e al consumismo – dall’altro riflessioni serie e importanti su temi tristemente sempreverdi. Ma in mezzo a questo potpourri di luci colorate, spezie e disperazione c’è anche spazio per storie importanti che meritano di essere raccontate – ce ne sono a bizzeffe. Quella di cui vi parlo in questa recensione è la storia di Amerigo Speranza, personaggio fittizio protagonista de Il treno dei bambini, un nuovo film targato Netflix tutto italiano, disponibile sulla piattaforma di streaming a partire dal 4 dicembre scorso.
Il treno dei bambini è diretto da Cristina Comencini (Il più bel giorno della mia vita), mentre la sceneggiatura vede la firma di Furio Andreotti (C’è ancora domani), Viola Ardone (autrice del romanzo da cui è tratto il film) e Giulia Calenda (Bianco e nero). Nel cast sono presenti Christian Cervone (al suo esordio), Barbara Ronchi (Familia), Serena Rossi (Mina Settembre), Stefano Accorsi (Veloce come il vento), Francesco Di Leva (Il sindaco del rione Sanità), Antonia Truppo (Ultras), Ivan Zerbinati (Un amore), Dora Romano (Bang bang baby), Gennaro Apicella (Gli anni più belli), Mariarosaria Mingione (Girasoli), Monica Nappo (Amanda), Lorenzo Neri (The inside man).
Il treno dei bambini: la trama
Amerigo Speranza (Christian Cervone), un bambino di 7 anni che vive nella Napoli devastata dal dopoguerra con la madre Antonietta (Serena Rossi), si arrangia. Con il padre emigrato in America e la famiglia in gravi difficoltà economiche, Antonietta decide di aderire all’iniziativa dei “treni della felicità“, organizzata dal PCI e dall’Unione Donne Italiane. Amerigo viene quindi mandato in Emilia-Romagna, dove è accolto da Derna (Barbara Ronchi), una donna senza figli che, lentamente, inizierà a trattarlo come suo.
Nel corso dei mesi che Amerigo trascorre nel modenese con Derna e la sua famiglia scopre un modo di vivere molto diverso da quello a cui la vita difficile e la guerra lo hanno abituato, scoprendo non solo valori nuovi, ma anche un talento insperato e che, alla fine, contribuirà allo svolgersi della trama, che inizia il suo cammino in un passato più recente rispetto a quello del dopoguerra e che vede un Amerigo adulto (Stefano Accorsi) sconvolto da una triste notizia.
A metà tra il dramma e la vita
La regia de Il treno dei bambini è puntuale e segue i personaggi nello svolgersi della trama equilibrando la loro singolarità rispetto agli spazi che vivono. La fotografia, invece, divide il film in 2 metà che esaltano la cesura tra nord e sud Italia, ma non solo. In alcuni punti della pellicola, infatti, interviene e contribuisce a raccontare allo spettatore il punto di vista di Amerigo. Un esempio? Il suo arrivo a Modena è caratterizzato da una fitta nebbia, che avvolge i personaggi confondendo il piccolo protagonista. E la fotografia agisce da rafforzativo nel comunicare allo spettatore questa confusione.
Per quanto riguarda il cast, abbiamo 2 punte di diamante del cinema e della serialità italiane, ovvero Serena Rossi e Barbara Ronchi, ma anche il resto dei personaggi vede a interpretarli attori e attrici che portano in alto l’asticella della pellicola. Ma, purtroppo, non è tutto rose e fiori: la sceneggiatura, infatti, risente a parer mio di una certa fretta quando si avvia verso il finale. Il film, infatti, si apre con un Amerigo adulto che, per un motivo che non rivelo, dà modo alla nostra storia di prendere il via. Sarebbe dunque stato coerente e quasi doveroso dare alla conclusione qualche minuto in più, per evitare il brutto effetto di cesura che abbiamo percepito alla fine della visione.
Il viaggio della speranza
La prima parte del film si concentra su Amerigo e sul viaggio che intraprende, ben chiaro nell’immaginario collettivo perché molto simile ad altri “viaggi della speranza” che hanno contraddistinto la Storia. L’iniziativa del treno dei bambini narrata nel corso della pellicola rappresenta però una novità, sia dal punto di vista cinematografico che narrativo. Solitamente, infatti, i film ambientati in periodo bellico trattano altri temi e altre storie, sicuramente interessanti e avvincenti, di cui però ormai il grande pubblico ha contezza.
Il treno dei bambini, invece, ha quell’accento di originalità che viene alleggerito molto dal punto di vista del protagonista e dal contesto generale, che riesce a bilanciare un certo umorismo ai tratti più seri della trama senza trasformare tutto in una farsa – un pericolo che purtroppo permane sempre nelle produzioni nostrane. In questa pellicola abbiamo invece l’uso estensivo di stereotipi e pregiudizi che però assumono un tono buffo e scherzoso perché assimilati dal piccolo protagonista, che per esempio ha davvero paura di “essere mangiato dai comunisti cattivi“.
Attraverso i suoi occhi
La figura materna ricopre un ruolo centrale nella storia di Amerigo: il bambino infatti lascia sua madre Antonietta a Napoli, una donna indurita dalla vita che incarna al massimo il lato più drammatico della pellicola, per andare a vivere con Derna, una donna sola senza figli. Il punto di vista del bambino si rivela fondamentale per afferrare una seconda, importante chiave di lettura del film, che si allontana dall’infanzia pur restando a portata di mano: sto parlando della femminilità, sia in rapporto con la maternità che con le relazioni.
Antonietta e Derna, infatti, sono 2 donne al contempo simili e profondamente diverse. Sono simili nella loro solitudine, così come nel loro rapportarsi agli uomini, ma si differenziano anche molto, perché laddove Derna ha trovato uno scopo nell’affiliazione al partito Antonietta si aggrappa alla vita per sopravvivere, e nel farlo si aggrappa fermamente anche al figlio. Questa differenza sostanziale tra le 2 madri ha lo stesso giudice silenzioso, che è proprio Amerigo, che dal piccolo della sua ingenuità infantile si dimostra molto più saggio delle 2 donne che lo tengono con sé.
Le nostre conclusioni su Il treno dei bambini
Il treno dei bambini dà sicuramente a questo periodo prefestivo un’aria tutta diversa, che profuma tanto di disperazione quanto di speranza, ma lascia lo spettatore tendenzialmente insoddisfatto per come la storia si conclude. Punti forti della pellicola sono invece le interpretazioni del cast – un plauso lo merita Christian Cervone, al suo esordio cinematografico – e la regia, che unita alla scenografia teletrasportano gli spettatori in un’Italia solo apparentemente sepolta dalla nostra.
Avete visto Il treno dei bambini? Cosa ne pensate? Lasciate un commento qui su Kaleidoverse e parliamone. Inoltre, se siete appena atterrati su questi schermi vi presento il nostro caleidoscopico progetto che esplora i mondi semi-digitali della creatività come il cinema, la serialità televisiva, l’animazione e il mondo videoludico. Se vi ho incuriosito vi invito a dare un’occhiata ai nostri ultimi articoli: la recensione di No Good Deed, quella di Uonderbois – Il tesoro segreto di Napoli e quella di The Madness. Ci leggiamo alla prossima!
Il treno dei bambini è un film drammatico italiano che racconta un fenomeno poco noto del secondo dopoguerra, quello dei treni dei bambini, per l’appunto. La regia mette al centro dello schermo i personaggi in rapporto agli ambienti nei quali si muovono, sviluppando una storia che racconta le vicissitudini di un bambino e di sua madre ma che tocca in realtà molti altri temi. Il cast rende con espressività e tensione drammatica i rispettivi ruoli: in particolare Serena Rossi e Barbara Rochi hanno confermato il loro talento attoriale, affiancando il giovane Christian Cervone nel suo debutto cinematografico. Il treno dei bambini si conferma dunque un bel film molto intenso, ma pensiamo che la parte conclusiva avrebbe meritato un maggiore approfondimento: guardandolo si percepisce forse in maniera un po’ troppo netta la cesura che dà spazio ai titoli di coda.