Con il caldo dirompente che caratterizza questa estate non c’è niente di meglio del brivido di una storia piena di suspense e mistero per rinfrescare quantomeno le meningi. Ed è ancora meglio se a fare da presupposto è un titolo evocativo come Svaniti nella notte, nuovo film targato Netflix disponibile sulla piattaforma di streaming dall’11 luglio, di cui Kaleidoverse vi parla in questa recensione – come sempre, priva di spoiler – ma non di qualche critica.
Diretto da Renato De Maria (Hotel da paura) e scritto da Patxi Amezcua (25 carat), Alejo Flah (Taxi to Treasure Rock) e Luca Infascelli (You came back), Svaniti nella notte è la versione italiana del film iberico I segreti del settimo piano (2013), diretto dallo stesso Amezcua. Nel cast spiccano Annabelle Wallis (I Tudors), Riccardo Scamarcio (Mine vaganti), Massimiliano Gallo (È stata la mano di Dio) e Gerhard Coloneci (The Swarm), oltre ai piccoli Gaia Coletti e Lorenzo Ferrante. Vediamo insieme la trama.
Svaniti nella notte: la trama
Pietro (Riccardo Scamarcio) ed Elena (Annabelle Wallis) sono una coppia in fase di divorzio. L’uomo ha un passato non proprio immacolato, mentre la donna desidera tornare negli Stati Uniti, sua patria d’origine, per riprendere la professione di psicoterapeuta. La coppia ha due figli, Bianca (Gaia Coletti) e Giovanni (Lorenzo Ferrante), che in occasione di una piccola vacanza di Elena trascorrono il fine settimana con Pietro. Tra una gita in barca e una serata spensierata nella casa dell’uomo – una masseria in ristrutturazione – iniziano già ad emergere delle ombre, che si incupiscono ulteriormente quando Pietro si rende conto, dopo aver visto una partita, che i bambini non sono nel loro letto.
L’uomo chiama subito Elena, e insieme i due iniziano a cercare i figli, che risultano misteriosamente scomparsi, sottratti da qualcuno che richiede un lauto riscatto. Per questo motivo Pietro è costretto a ritornare in ambienti che si era lasciato alle spalle, imbarcandosi in una notte tanto buia quanto criminosa. Le cose si complicano ulteriormente quando ritorna a Bari ed è costretto ad affrontare una situazione ancora più assurda, dal risultato assolutamente non scontato.
Tutta l’ambiguità del thriller
Registicamente parlando, Svaniti nella notte ama le pause visive, che danno il via a scene fortemente evocative che racchiudono i ricordi del protagonista. La macchina da presa ama anche dare il giusto spessore alla scenografia – una Puglia bella, immensa e a tratti selvaggia – che splende di luce propria tra i profili degli edifici baresi e la vastità del mare. La fotografia è complementare in questo, dosando sapientemente i toni tanto degli ambienti quanto dei protagonisti, che risultano quasi persi su sfondi enormi.
A fare da contraltare alla regia abbiamo una sceneggiatura che, purtroppo, non è alla sua altezza, né a quella del cast scelto per portarla in vita. Il film può idealmente essere diviso a metà, e delle due parti solo la seconda si salva. Nella prima abbondano battute ed avvenimenti evidentemente finti, che smorzano i toni misteriosi della trama rendendo tutto più patetico. E, come se non bastasse, questa evidente falsità – che non dovrebbe mai emergere in una pellicola – si allunga e prolunga negli attori che, pur essendo individui con grandi produzioni alle spalle risultano in questa sede affievoliti e quasi svogliati.
C’eravamo tanto amati
Sicuramente il tema principale di Svaniti nella notte è quello della famiglia. Lo spettatore assiste infatti al disfacimento di una coppia, ma anche di un nucleo familiare, un dramma vissuto dal punto di vista esclusivo dei coniugi che contrattano i termini del divorzio. Il film è pieno di un’ambivalenza che accompagna tanto Pietro quanto il suo rapporto con Elena e che sfuma i contorni della loro relazione. Un fatto che è tanto comprensibile quanto inserito all’interno del film in momenti che spostano il punto focale dalla scomparsa dei bambini – evento principale – senza però arrivare a nulla.
Un’altra riflessione che si può fare, in merito a questo aspetto della pellicola, è la centralità del ruolo del padre, che si cerca in qualche modo di riassestare alla luce di quanto si sente spesso sulle pagine delle cronache e che vedono il ruolo paterno messo in secondo piano o comunque in una posizione di antagonismo. Se si considera questo ulteriore aspetto si arriva alla conclusione che sì, l’intento della sceneggiatura è sicuramente nobile e Scamarcio è un degno interprete del lato più disperato di Pietro – su quello di normale padre di famiglia abbiamo dei dubbi – ma che manca la controparte necessaria a far sì che questo aspetto emerga completamente.
Scomparsi
Anche per quanto riguarda la vera ciccia del film – la scomparsa dei bambini e, dunque, il lato thriller della storia – non possiamo dirci completamente soddisfatti. Sicuramente il film gioca con Pietro, arrivando a far mettere in discussione allo spettatore quello che ha visto fino a quel momento e rendendo l’uomo quasi un narratore inaffidabile, ma è una sensazione che dura poco e che serve per arrivare alla parte più bella della pellicola, che porta poi alla conclusione.
La regia pone anche molto l’accento sui ricordi, sfruttando gli enormi spazi paesaggistici per raccontarci il dramma della separazione e dello svuotamento dei ricordi, acuito dalla sparizione dei due bambini. E sono quindi presenti, nel corso della pellicola, quasi come delle diapositive, scene che paragonano il passato al presente, che emanano nostalgia, tristezza e rimpianto, e che sono i punti di massima resa di Riccardo Scamarcio, più adatto a parere di chi scrive a scene piene di dramma e tragedia.
Una soluzione al cucchiaio
Ultima nota dolente di Svaniti nella notte – e più grave di tutte – riguarda l’impostazione della narrazione. I gialli e i thriller ruotano intorno a un principio semplice ed efficace: nel raccontare la storia bisogna seminare delle briciole di pane in modo che chi fruisce quella storia ne sia contemporaneamente affascinato e intrattenuto. Insomma, oltre a seguire la narrazione, voglioso di sapere la verità, lo spettatore deve anche poter avere la possibilità di formulare delle ipotesi che lo portino quindi ad avere un ruolo attivo nella sua passività.
Anche in Svaniti nella notte si rispetta questo principio, ma il problema è che gli indizi seminati sono fin troppo evidenti e smorzano così l’interesse dello spettatore, che nella prima metà del film si ritrova ad assistere senza trasporto allo svolgersi degli eventi e deve aspettare la svolta centrale per riavere indietro tutta l’attenzione e l’interesse che un thriller dovrebbe trasmettergli fin dall’inizio. Un interesse che però lo relega sempre e comunque nella passività della visione, e non gli consente di “giocare” con il film, e che quindi non possiamo non considerare.
Le nostre conclusioni su Svaniti nella notte
Il nostro giudizio su Svaniti nella notte resta positivo per un soffio e a malincuore. Abbiamo un film con un ottimo cast usato male e che, seppur valorizzato dalla regia, casca inesorabilmente nella messa in atto di una sceneggiatura che non rende giustizia né a loro né alla storia in sé, che sarebbe potuta esplodere diventando un thriller italiano come non se ne vedono da un po’ e che invece parte definitivamente solo a metà film, rendendo quasi superfluo tutto quello che c’è prima.
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Svaniti nella notte è un thriller che ci ha provato, ma non abbastanza. Diretto da Renato De Maria, che conclude la sua “trilogia di Netflix”, la pellicola vede ai posti di comando due attori di serie A come Riccardo Scamarcio ed Annabelle Wallis, che non riescono a dare il meglio di loro, anche a causa di una sceneggiatura che imbocca in maniera un po’ troppo evidente gli spettatori nella ricerca della verità. Il thriller risulta così finto e straniante, e solo l’interpretazione del cast riesce, in conclusione, a risollevare le sorti del film, anche se Scamarcio deve aspettare metà pellicola per lasciare il segno, mentre Wallis dà vita a un personaggio privo del carisma e della carica che meriterebbe. Unico merito va alla bellissima scenografia scelta e alla capacità del regista di valorizzarla, rendendo i personaggi immensamente piccoli in rapporto agli spazi.