Il 7 novembre abbiamo celebrato con gioia l’arrivo su Amazon Prime Video di Citadel Honey Bunny. La nuova serie TV si aggiunge a quello che i fratelli Russo hanno definito “Spyverse“. Kaleidoverse ha già parlato di Citadel Honey Bunny in 2 recensioni che tracciano separatamente l’andamento della prima e della seconda parte. Questa recensione, invece, servirà a mettere un punto al nostro flusso di pensieri su questo nuovo arrivo in casa Russo, quindi procediamo.
Ricordiamo che Citadel Honey Bunny vede alla regia Raj & DK (Flavors), che hanno anche scritto la sceneggiatura insieme a Sita Menon (Farzi), Anthony Russo (Cherry) e Joe Russo (Captain America: The Winter Soldier). Nel cast abbiamo invece Samantha Ruth Prabhu (Eega), Varun Dhawan (Badlapur), Stasa Nikolic (Subspecies V: Bloodrise), Raimundo Querido (Uncharted), Juhi Arora (Crew), Mohit R. Thakur (Phone Bhoot), Kashvi Majmundar (al suo esordio), Kay Kay Menon (Shekhar Home) e Sikandar Kher (Monkey Man).
Citadel Honey Bunny: la trama
1992: Honey è una aspirante attrice squattrinata alla disperata ricerca di un lavoretto facile che le permetta di sopravvivere da sola. Bunny, amico e stuntman, le offre una possibilità tanto bizzarra quanto intrigante. Una porta d’accesso a un mondo nascosto fatto di segreti, bugie e misteri. Honey diventa così un’agente a cui Bunny fa da mentore. Gli eventi si evolvono in fretta tra sentimenti e piani per sottrarre a un’agenzia nemica una misteriosa arma. Le cose, ovviamente, non vanno secondo i piani e Honey è costretta a dover scegliere tra la lealtà all’agenzia e la lealtà verso sé stessa.
2000: troviamo Honey da sola ma con una bambina, Nadia, di cui è madre e che sta crescendo in maniera piuttosto singolare. Quando le ombre del suo passato da agente ritornano Honey inizia un pericoloso gioco con la propria figlia mentre fugge verso la libertà. Dall’altro capo del mondo Bunny scende in campo e unisce le forze a quelle di Honey. L’obiettivo comune è proteggere la piccola Nadia, accettando finalmente la verità che ha negato tanto a lungo.
Tra stunt e profondità
Abbiamo già avuto modo di elogiare la regia e la scrittura di Citadel Honey Bunny ma lo rifaremo anche in questa sede. La regia vede la firma di un duo di registi e produttori indiani che non si sono risparmiati. Abbiamo molta azione, immortalata da un montaggio rapido e dinamico che segue le scene più imprevedibili e le coreografie messe in atto dal cast senza battere ciglio. Il tutto è accompagnato da qualche sprazzo di regia tipicamente indiana che strizza l’occhio agli amanti del cinema bolliwoodiano senza però scadere nel melodrammatico o nel farsesco, ma tenendo alto il livello della suspense e dell’attenzione.
Per quanto riguarda invece la sceneggiatura, come abbiamo già detto, la storia è un prequel che non snatura né modifica quello che abbiamo già avuto modo di vedere in Citadel e di Citadel Diana. Anzi, amplia l’universo di Citadel, gettando le fondamenta di quelle che saranno le 2 serie che temporalmente si svolgono dopo. Il cast ha svolto un lavoro magistrale nel mettere in piedi questa storia, impersonando molto bene il ruolo della spia ma anche quello della persona al di là della maschera. Se, infatti, Citadel e Citadel Diana giocano molto sul non lasciar trasparire le proprie emozioni, in particolare Citadel Diana, tanto da aver tirato in ballo una sindrome ad hoc, in Citadel Honey Bunny non c’è questo netto distacco tra l’essere una spia e un essere umano. Ci sono molte scene in cui emergono i caratteri dei personaggi, il che secondo noi va a potenziare quello che è già potente di suo.
Recitare dietro le quinte
Uno dei temi più importanti dell’intera serie, è il tema del gioco, ma sarebbe riduttivo fermarsi a questa parola. Per parlare, infatti, del concetto complessivo, ci vediamo costretti a usare la terminologia inglese, che vede gioco come play. Play non significa solo gioco in inglese, ma anche recita e avvio. Secondo noi questa parola racchiude al suo interno tutto quello che Citadel Honey Bunny è, perché risuona con i punti principali della trama.
Inoltre, andando avanti vediamo come anche lo spionaggio ovviamente di per sé abbia una forte componente recitativa nella quale entrambi eccellono. Ma play è anche il gioco come alchimia tra i personaggi stessi. È anche il quello delle maschere messo in piedi sempre da loro, che riescono a mantenere il gioco dell’intorbidimento e dell’ambiguità. C’è poi anche il gioco messo in piedi 8 anni dopo con la figlia, che serve a non farle pesare la situazione. C’è poi anche un pizzico di leggerezza che pervade l’intera serie e che la rende molto diversa da Citadel e Citadel Diana, molto più serie di tono.
Padre, maestro, traditore
Il secondo grande tema di Citadel Honey Bunny è quello della famiglia. Il personaggio di Bunny, così come la stragrande maggioranza degli agenti che lavorano per il Maestro sono orfani reclutati in un orfanotrofio a cui il l’uomo ha dato uno scopo. È interessante anche notare come in originale Maestro si dica Baba che in realtà è la parola che si usa anche per “padre“, quindi ha una doppia valenza. Ad un certo punto nel corso della trama Bunny si trova davanti a un dilemma esistenziale: cosa significa essere davvero un padre? Qual è l’esempio paterno che lui ha avuto nella vita? E, soprattutto, quale tipo di padre vuole essere lui nei confronti di una figlia che conosce appena?
Sicuramente il confronto con Honey tanto quanto con Guru, il Maestro, lo aiuteranno a prendere una decisione e, tra l’altro, è molto bello notare anche il rapporto che hanno i personaggi secondari con la paternità e con l’essere padre. In generale, con la famiglia stessa in quanto tale, un concetto molto vasto che in questo franchise ha già trovato modo di essere esplorato e che, siamo sicuri, continuerà ad avere molto spazio, perché si presta a molte interpretazioni di senso e ad altrettanti colpi di scena.
Un prequel che promette di più
Citadel Honey Bunny è, appunto, un prequel, e nonostante noi ci aspettassimo che fosse una storia autoconclusiva che avrebbe poi dato modo di ricollegarsi a Citadel dal momento che comunque un collegamenteo in bella vista c’è già – anche se ovviamente non lo riveleremo in questa sede – la serie ha deciso di lasciare lo spettatore con un finale molto aperto che lascia spazio a una seconda stagione, la qual cosa ci rende molto felici ma ci fa anche riflettere.
Abbiamo infatti 3 serie TV che possono essere interpretati come indipendenti ma collegate tra loro o come 3 stagioni di un’unica grande serie TV che è Citadel, di cui però non conosciamo la direzione. Sappiamo che i fratelli Russo avevano in mente di creare delle altre Citadel in altri paesi del mondo: non ci resta altro che attendere e sperare e vedere in che direzione andrà il progetto con tutta questa carne messa sul fuoco.
Le nostre conclusioni su Citadel Honey Bunny
Citadel Honey Bunny si conferma quindi una bella serie TV da guardare se avete già visto Citadel e Citadel Diana ma anche se vi approcciate a questo mondo per la prima volta dal momento che si tratta di una serie prequel senza pretese che riesce a toccare i punti giusti e a risultare gradevole, d’impatto e che ti fa sperare in un sequel. Il che significa che ha giocato bene le sue carte sia dal punto di vista più tecnico che da quello emotivo e recitativo.
Noi speriamo che anche questa ennesima recensione vi sia piaciuta e vi abbia incuriositi: vi invitiamo a lasciarci un commento qui su Kaleidoverse con le vostre impressioni su Citadel Honey Bunny, che l’abbiate vosta o meno. Non dimenticate inoltre di recuperare i nostri ultimi articoli – la recensione della prima parte della seconda stagione di Arcane, quella di My Old Ass e quella di Apocalypse Z. Ci leggiamo alla prossima!
Citadel Honey Bunny è il terzo, attesissimo e quantomai originale capitolo dello Spyverse creato dai fratelli Russo, che porta lo spettatore indietro nel tempo per raccontare una storia che getta le basi della maggiori parte degli intrighi già visti nelle serie TV sorelle. La regia prende in mano le redini del franchise e, mantiene le redini della tensione costante dandole un’aria più teatrale e intensa. Non mancano le scene action - ancora una volta perfettamente coreografate e mai scontate - che contribuiscono a creare un flusso narrativo e visivo continuo, che non si interrompe mai, anche grazie ad un montaggio dinamico e ad effetto. La storia tratteggia la nascita dell’avversaria di Citadel, ma lo fa sottovoce, dando grande risalto alle storie dei singoli personaggi, che si evolvono nel corso degli episodi lasciando anche spazio ad una certa emotività che rafforza ulteriormente il prodotto e ci fa già desiderare un sequel.